Appunti sul senario giambico

Commedia

 

 

 

 

 

 

Per “piede” s’intende un gruppo di sillabe, che possono essere brevi (˘) o lunghe (­-) tenute insieme da una “percussione” ( ovvero accento che cade costantemente sulla sillaba lunga). La denominazione deriva dal fatto che si soleva  misurare il tempo con il battere e il levare del piede. In un piede si distinguono pertanto un tempo forte, dove batte praticamente l’accento, noto come “arsi”, e un tempo debole, dove la voce si solleva, detto “tesi”. Arsi e tesi danno il ritmo del verso.

I piedi latini sono vari, tra i più frequenti notiamo il “dattilo” (“dito”), formato da una lunga e due brevi (­˘˘)[ tēmpŏră ]; lo spondèo, di due lunghe (­-)[fēlīx], il tròcheo, di una lunga e una breve( – ˘)[tēmpŭs]. Normalmente in italiano l’arsi si indica con un accento acuto: “témpora”, “félix”, “témpus”. Tra i piedi latini di largo uso era anche il giambo, che in pratica è il contrario del tròcheo, formato cioè da una breve e una lunga (˘­)[bŏnōs], “bonós”.

I latini, riguardo ai “piedi”, solevano inoltre distinguere i piedi di genere “pari” da quelli di genere “dispari”. Per comprendere il concetto, in via preliminare occorre ricordare che, a livello di “durata”, due brevi (˘˘) avevano pari durata di una lunga (­), che infatti si può “sciogliere” in due brevi [ ­ = ˘˘ ). In questo senso, per esempio, il dattilo (­˘˘) era un piede “pari”, appunto perché formato di una lunga (­) uguale per durata a due brevi (˘˘). Al contrario un tròcheo è naturalmente di genere “dispari”, perché formato di una lunga (- = (due˘˘) e di una breve (˘), [tēmpŭs]. In questo caso il piede è dispari perché formato ovviamente di tre sillabe.

Altro aspetto formale. I piedi, oltre che pari e dispari, possono essere “ascendenti” o “discendenti”. “Bŏnōs” = [bonós] è per esempio “ascendente”, perché la voce posa leggera sulla prima “o” breve (“ŏ”), per poi battere con forza sulla seconda “ō”, che è lunga, e quindi accentata. “Tēmpŭs” è, al contrario, “discendente”, in quanto la voce batte con forza sulla “ē” lunga,  e si solleva sulla “ŭ” breve finale.

“Grosso modo” si potrebbe dire che il “piede” è sinonimo di “metro”, e che più piedi o metri sono all’origine del “verso”: così, per esempio, l’ “esametro dattilico” è un “verso” formato di sei piedi o metri dattilici. E a proposito di “metro”, facciamo seguire alcune considerazioni su un metro famoso: il senario giambico.

Il senario giambico fu variamente usato nella letteratura latina. In particolare lo usarono i poeti comici, ma lo troviamo anche nei porti che si proposero come imitatori dei greci, come Orazio per esempio. Fu largamente usato anche da Fedro il favolista, per cui, in prima battuta, ci si può soffermare sul senario giambico di Fedro, dato che fu ed è ancora oggi un poeta largamente frequentato. Infatti, si può affermare che tutti i versi di Fedro sono senari giambici. In genere, però, i versi costituiti di soli giambi puri sono estremamente rari in Fedro, che ama la varietà. Quindi, al posto del senario giambico puro  (˘-), si ritrovano nei suoi versi, piedi del tutto equivalenti: lo spondeo (–), il dattilo (- ˘ ˘ ), l’anapesto ( contrario del dattilo ˘˘-), il tribraco (˘˘˘ ) e il proceleusmatico (˘˘˘˘). Nonostante la varietà dei piedi è però possibile dare qualche indicazione empirica per l’individuazione dei piedi nelle varie sedi. Così, per esempio, si può affermare che il sesto piede è sempre giambico (ˇ-). Per le altre sedi, in linea di massima si può accettare il dato statistico secondo il quale il giambo si può individuare nelle sedi pari ( quindi in 2^ e 4^ posizione). Il quinto piede è quasi sempre uno spondeo (–). Riassumendo: 1^ 2^ (- ˘) 3 – 4 (- ˘) -5 (–) -6 (ˇ – ). Il problema è per la 1^ e 3^ sede, ma se ci si attiene al ritmo del giambo, di percussione all’inizio su seconda sillaba, si acquisisce il ritmo. Pur essendo un metro breve, prevede normalmente la cesura( || ) pentemimera (dopo la tesi del  3° piede). Esempio: Ranàe (è) vagàn tes|| lìberis palùdibus (1).

 

 Nota

 1) Ancora oggi un manuale di metrica molto dettagliato resta quello di M. Lenchantin de Gubernatis, Manuale di prosodia e metrica latina, Milano, Principato, 1974. Sul senario giambico cfr. le pp. 80-85.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.