Tra Bigotta e Petronilla: Manzoni e i matrimoni a sorpresa

Nell’ormai lontano, e quasi mitico 1960, l’anno in cui comparve l’altrettanto mitica Dolce vita di Fellini, il Professor Giovanni Getto usciva con un libro che dal titolo stesso rinviava il lettore alle possibili fonti barocche dei Promessi Sposi: Echi di un romanzo barocco nei Promessi Sposi (1). Nel suo ragguardevole saggio, il Professor Giovanni Getto riscontrava indubbie similitudini del romanzo manzoniano con l’ Historia del Cavalier perduto, opera del vicentino Pace Pasini:

 

“ Nessuno si è mai accorto dell’importanza di questo libro, riconoscibile in tutta una serie di particolari che vi sono contenuti, i quali stanno  in stretta e sorprendente relazione con i Promessi Sposi […] Nel Fermo e Lucia [Manzoni] ricordava invece ‘i celebri romanzi del Pasta, e fra questi anche l’ Historia del Cavalier perduto ( non ne sarà un’ironica spia  quell’inizio: ‘La storia [e nella successiva stesura, la seconda del Fermo, proprio l’ Historia] si può veramente chiamare?’”.

 

Stabiliti ordunque i rapporti dei Promessi Sposi con il romanzo barocco, negli anni ’80 M. Fantuzzi, dal canto suo,  riscontrò altre similitudini interessanti riguardo un famoso episodio dei Promessi Sposi, il “matrimonio a sorpresa”, con un eguale episodio della Gondola a tre remi di Girolamo Brusoni (2). Infatti, in un passo della Gondola, troviamo scritto:

 

“Faremo quello, che si potrà, disse Glisomiro,  e nel caso, che noi siamo in presentaneo pericolo la legge dispensa l’osservanza di molti riti, che peraltro si ricercano alla validità di somiglianti misterij. A me basta, che Guglielmo dichiari Giustina sua moglie in  presenza del sacerdote” (3).

 

Se il romanzo barocco può effettivamente aver offerto spunti a Manzoni, come nel caso del matrimonio sorpresa, nulla vieta però che  lo stesso Manzoni possa esser venuto a conoscenza di  un qualcosa di più concreto di un romanzo. Sappiamo la passione di Manzoni per la storia, né è da escludere che, “oltre” la letteratura, egli possa aver visto documenti storici rilevanti riguardo tale pratica. Esempi di matrimoni a sorpresa di “sapore” strettamente manzoniano ci vengono incontro  dal Seicento veneto e lombardo.

 

Molto prima dei saggi di G. Getto e di M. Fantuzzi, precisamente nel 1951,  G. B. Zanazzo, scrisse su Convivium un articolo molto interessante, in cui riportava esempi storicamente accaduti di matrimoni a sorpresa del secolo XVII (4).  Zanazzo andò molto oltre le semplici fonti letterarie, scrivendo:

 

“ Il Manzoni, che ha ritratto con tanta realtà e fedeltà le luci e le ombre della Lombardia del sec. XVII, ha senza dubbio avuto tra le mani documenti che ritraevano al vivo questo espediente di matrimoni clandestini  e di sorpresa”.

 

Il fatto.

 

“La mattina del venerdì 8 agosto 1681, il rettore della chiesa [di Mason vicentino], Don Giovanni Battista Lovisani, appena celebrata la Santa Messa, si era recato in Sagrestia, quando all’improvviso, mentre era ancora ‘parato’ con gli indumenti rituali, gli si presentò il parrocchiano Fiorio Pellegrino, accompagnato dalla fidanzata Lavinia Bigotta di Schio, e senza preamboli, con voce alta, ferma e risoluta pronunciò le parole:  ‘Signor Parroco, questa è mia moglie’. A sua volta la Bigotta, con pari decisione […] rivolta al Fiorio, completò l’atto con la formula: ‘Signor Parroco, questo è mio marito’.  Avevano  condotto come testimoni i compaesani Pietro Vaccaro e Giovanni Pigato”.  Indi, Zanazzo  riportava anche il documento originale, ricavato dall’Archivio parrocchiale di Mason Vicentino, Registro dei matrimoni, anni 1658-1716, e vergato di pugno da Don  Giovanni Battista Lovisani :

 

 

Alli venerdì 8 del mese d’agosto 1681

 

“A perpetua memoria et ad ogni bon fine et effetto notorio, noto io Giobatta Lovisan, Rettor di questa parrocchial chiesa di Mason, come nel giorno sudetto [sic], mentre io medemo [sic] (=io medesimo) havevo celebrato la Santa Messa et andavo nella sachrestia [sic] à dispararmi (= mentre andavo in sacrestia a spogliarmi dei paramenti sacri), avanti di me anchora [sic] parato si presentò Sig. Pelegrin Fiorio di questo loco (=località) di Mason mio parochiano [sic] il quale haveva de mano la signora Lavinia Bigotta da Schio, diocese [sic] vicentina e disse queste precise parole: questa è mia moglie è [= e , congiunzione] subito la ditta [=suddetta] signora Lavinia disse e sogionse [=soggiunse]: questo è mio marito, parlando del sudetto [sic] Sig. Pellegrino è dalli medessimi [ = e dai medesimi] furrono [sic] chiamati in testimoni del medesimo fatto da essi m. Pietro Vacaro [sic], m. Zuane Pigato, abidue (=ambedue] di Mason; essendovi ancho [=anche] molti altri ivi presenti quando sucesse [sic] tal fatto, a quali io opponendomi è [=e] dolendomi le dissi con parole assai aspre che non si faccevano [sic] in queste maniere gli matremonii (i matrimoni), et altre simili parole, al che altro non rispose il Sig. Pellegrino, che lo scusassi, et io del sucesso [sic] (= e io, di ciò che era successo) ne porsi subito con mie lettere haviso distinto (= informai immediatamente) al Rev. Sign. Mantovani, vicario generale dell’Ecc.mo et Rev.mo Sig. Cardinale Barbarigo, vescovo di Padova, mio Ordinario et ad ogni bon fine ho registrato in questo loco la presente memoria” (Archivio Parrocchiale di Mason, Registro dei matrimoni, 1688-1716).

 

A parte l’italiano maccheronico del nostro ottimo Curato di Mason Vicentino, il documento redatto dal nostro Don Abbondio di Mason parla chiaramente di un matrimonio a sorpresa che egli subì passivamente, al contrario  del “vero” Don Abbondio, che fece il diavolo a quattro, dimostrando una presenza di spirito non comune, nonché l’agilità del ghepardo (la scena secondo l’Edizione Le Monnier del 1845):

 

“Don Abbondio intravvide, vide, si spaventò, si stupì, s’infuriò, pensò, prese una risoluzione: tutto questo nel tempo che Renzo mise a proferire le parole: ‘Signor curato in presenza di questi testimonj quest’è mia moglie.’ Le sue labbra non erano ancora tornate in riposo, che don Abbondio aveva già lasciata cader la quitanza afferrata colla mano e sollevata la lucerna, ghermito con la destra il tappeto che copriva la tavola, e tiratolo a sé con furia, gittando a terra libro, carta, calamaio e polverino; e balzando tra la seggiola e la tavola s’era avvicinato a Lucia. La poveretta con quella sua voce soave, e allora tutta tremante aveva appena potuto preferire: ‘E questo …’ che don Abbondio le aveva gittato sgarbatamente il tappeto sulla testa e sul volto, per impedirle di pronunziare intera la formola” (5).

 

Ad ogni modo, il matrimonio a sorpresa  non costituiva poi una rarità così assoluta nel XVII secolo, e anche più tardi,  tanto è vero che Zanazzo, citava altri due documenti simili, uno tratto dall’Archivio parrocchiale di Laverda, anni 1735-1829, e un terzo  dall’Archivio parrocchiale di Breganze, anni 1779-1787,  sempre di area vicentina.

 

La famiglia Manzoni aveva da secoli contatti diretti con Vicenza e il Vicentino, Alessandro, dal canto suo, era a Vicenza nel 1804, al suo ritorno da Venezia. G. Mantese, grande esperto di cose vicentine, scrisse che i Manzoni dell’area lombarda  avevano “relazioni col Vicentino e proprio nella zona interessata dalla presenza dello scrittore […] I Manzoni di Milano già dal sec. XVI erano mercanti di seta, come gli Arrigoni, ed avevano, se non proprio un rappresentante fisso, certo un procuratore in Vicenza” (6).

 

“Assurti a fama letteraria grazie ad Alessandro Manzoni, questi matrimoni erano piuttosto diffusi in età moderna e vengono riscontrati parecchi casi anche a Vicenza e nel territorio […] Erano questi i matrimoni clandestini, cioè quelle unioni che venivano strette alla presenza del parroco e di testimoni all’uopo prodotti senza osservare le prescrizioni della Chiesa” (7).

 

Va da sé che è  molto probabile che l’idea fosse venuta a Manzoni più per “esperienza” di cose sentite e  da documenti storici piuttosto che da fonti letterarie, le quali altro non facevano se non registrare fenomeni sociali di ampia portata largamente conosciuti. Ora, senza stare a incomodare troppo Vicenza e il suo territorio, molto più vicino a Manzoni, nel Milanese, accaddero fatti consimili, debitamente registrati dai parroci locali. In uno di questi, di cui fu vittima Prete Giovita Buzzoni,  ne diede notizia A. Manetti (8), il quale osservò:

 

“Per il matrimonio di sorpresa, se si toglie il romanzo del Brusoni, che del resto non sappiamo se fosse noto al Manzoni,  quali esempi gli offrivano i testi storici a sua disposizione? Oggi siamo a conoscenza di due episodi storicamente documentati […]  In provincia di Bergamo, ma allora soggetto alla diocesi di Milano, […] ne è conservata memoria in un documento dell’archivio parrocchiale. Eccolo: Primo Gennaio Mille Settecento e Dodici (1712)

Matrimonio a sorpresa

“Federico Rota quondam Francesco ha contratto Matrimonio clandestino con Petronilla figliuola del quondam Giovanni Regazzoni Quattrolegni. Venuti esso signor Federico, Petronilla e due testimoni Giacomo Buzzoni e Simone Buzzoni tutti di Val Torta in casa mia a un’ora di notte et senza farsi sentire, aperto l’uscio della Saletta ove io ero in quell’ora a studiare non sapendo cosa alcuna di questo attentato, disse il Signor Federico: ‘Sappia Signor Parroco alla presenza di questi testimoni come la qui presente Petronilla è mia moglie ed intendo sia mia moglie’. La detta Petronilla tostamente disse: ‘ Se voi Federico siete mio marito, io sono vostra moglie’. Restai tutto confuso a tal cosa inaspettata né prevista et mentre proferivano il loro sentimento volevo uscire dalla saletta, ma il detto Federico chiuse subito l’uscio e non mi fu  più possibile l’uscita sicché dopo averli molto ripresi e detto apertamente che ‘non sapevo quello dicessero li scacciai di casa con parole cattive et anche con  violenza assieme con li testimoni. Scrissi subito a Monsignore Vicario Generale il quale mi rispose che dovessi far intendere alli detti contraenti la scomunica incorsa e di presentarsi a Milano per esserne assolti. Ma  il Signor Federico la notte stessa che fece questo si partì di Val Torta per Venezia et la Petronilla fu da me avvisata della scomunica et li 25 febbraio successivo fu anche  da me assolta con facoltà et grazia datami da Monsignor Vicario Generale”.

Et in fede.

Prete Giovita Buzzoni

Parroco di Val Torta.

 

Se dovessi scegliere tra la Bigotta di Schio e la Petronilla di Val Torta, sceglierei la seconda, e non foss’altro perché Prete Giovita Buzzoni diede prova di più “bello stile” rispetto a “Giobatta Lovisan, Rettor [della] parrocchial chiesa di Mason”, il quale forse risentiva un po’ troppo del sostrato dialettale veneto. Ma al di là delle questioni linguistiche, rimane il fatto che Manzoni, tra Vicenza e Milano,  ebbe la possibilità di registrare certi aspetti della realtà popolare che egli poté acquisire ben oltre le fonti letterarie. Anche perché, come chiosò A. Manetti riguardo lo stesso romanzo di Girolamo Brusoni,  “non sappiamo se fosse noto al Manzoni”.

 

Note

1)      G. Getto,  “Echi di un romanzo barocco nei Promessi Sposi”, in Studi e problemi di critica testuale, Convegno di studi di filologia italiana …, 7-9 aprile 1960, Bologna, 1961, pp. 439-467. Anche in  Lettere Italiane, 1960,  XII, pp.  141-67,  e dipoi ripubblicato in Manzoni Europeo, Milano, Mursia, 1971, da cui citiamo, p. 13, 49.

2)      M. Fantuzzi, Meccanismi narrativi nel romanzo barocco, Padova, Antenore, 1975, pp. 262-278.

3)      G. Brusoni, La gondola a tre remi: passatempo carnevalesco, In Venetia, Per Francesco Storti,  MDCLVII [1657], p. 274.

4)      G. B. Zanazzo, “Matrimoni di sapore manzoniano”, in Convivium, 1951, pp. 68-73.

5)      I promessi sposi di Alessandro Manzoni. Storia milanese del secolo decimosettimo, Firenze, Le Monnier, 1845, p. 109.

6)      G. Mantese, Scritti scelti di storia vicentina …, Istituto per le ricerche di storia sociale e di storia religiosa, 1982,  p. 308. Cfr. anche G. Franceschini, Manzoni a Vicenza, Nuova Antologia, 1924, fasc. 1246, p. 381.

7)      A. Broglio & L. Cracco Ruggini, Storia di Vicenza: L’età della repubblica Veneta, 1404-1797, Neri Pozza, 1993,   p. 193.

8)      A. Manetti, “A proposito di matrimonio clandestino”, in Esperienze Letterarie, aprile-giugno 1980, Anno V,  n. 2, pp. 84-89.

 

 

 

 

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.