Fate, Fatum, immortalità

 

Le fate non sono sempre esistite. Anticamente  le fate non erano chiamate così, ma erano dette dame. Poi furono chiamate Faés e Fee.  L’origine delle fate risale ai miti greci e latini, e in particolare alla triade delle Moire.  Secondo Esiodo le Moire erano tre, e si chiamavano Clotho, Lachesi e Atropos, ed esse erano le padrone assolute del destino umano.

 

Clotho era la filatrice, e filava lo stame della vita di ciascuno; Lachesi rappresentava il caso, ciò che di casuale accade nella vita; Atropos era detta anche “l’inflessibile”, e significava l’inevitabilità della morte. Presso i Romani  il destino umano era detto Fatum, ed esso era nelle mani delle Parche, che corrispondevano alle Moire dei miti greci. Fatum al plurale suonava Fata, per indicare il destino di tutti gli uomini, e con questa parola erano anche indicate spesso anche  le Parche.

 

Attraverso lo sviluppo del romanzo medievale francese possiamo assistere alla trasformazione delle antiche Moire-Parche nelle fate, che nei romanzi medievali  francesi erano dette Faés e Fee. Come sottolineò con acume T. Keightley , “nel Medioevo correva un verbo latino, fatare, derivato da fatum o fata, e stava per incantare, illudere. Questo verbo lo si trova nelle  lingue neolatine, nell’ italiano, nel provenzale e nello spagnolo con lo stesso senso; in francese il verbo è diventato, secondo l’analogia, faer, féer. Dal verbo faer, féer, incantare, illudere, il francese coniò faerie, féerie, ossia l’ illusione e l’ incanto, il cui significato si estese anche alla lingua inglese”.

 

L’immaginario medievale affermò l’esistenza di due fate: Melusina e Morgana, protagoniste di due cicli narrativi del tutto diversi l’uno dall’altro.  Melusina era la fata che entrava  nel mondo degli uomini  offrendo loro opportunità straordinarie.  Infatti l’uomo che fosse riuscito  a sposare la fata  Melusina  avrebbe dato origine a una stirpe nobile, come per esempio nel romanzo di Jean d’Arras (Roman de Mélusine ou Histoire de Lusignan, scritto verso la fine del XIV secolo). Nei racconti che vedevano  protagonista la fata Melusina,  c’erano motivi costanti, come  il matrimonio tra Melusina e un essere mortale, un cavaliere,  e la nascita di figli,  la presenza di “vincoli” o divieti per l’uomo come condizioni per mantenere il matrimonio, la prosperità di cui gode inizialmente la famiglia, la violazione del patto, con  la conseguente  scomparsa della fata e della fortuna. Restano però i figli, che avrebbero dato  origine ad una stirpe nobile.

 

Morgana è invece la fata incantatrice. Morgana attrae irresistibilmente gli uomini di cui s’innamora,  e li tiene prigionieri nel suo mondo fatato, facendo loro dimenticare tutto della vita precedente. Dal rapporto di Morgana con i suoi amanti  non nascono figli, né vengono fondate nobili stirpi. Però Morgana assicura ai suoi amanti la felicità eterna e soprattutto  l’ immortalità.

 

Anche nei racconti di Morgana esistono però dei divieti assoluti. Se essi sono infranti, il cavaliere tornerà nel suo mondo e sarà soggetto alla morte. Ciò che impedisce spesso al nobile cavaliere di mantenere il patto  è in genere la “memoria”,  la nostalgia degli affetti  perduti  nella vita precedente, per cui egli spesso rinuncia al privilegio dell’immortalità e torna nel suo mondo terreno.

 

Tuttavia, nelle storie di Morgana, raccontate nei Lais,  spesso la fata non abbandona l’uomo amato anche dopo che egli ha trasgredito al divieto, e spesso essa riesce a riportarlo indietro, nel mondo dell’eternità. Nell’immaginario cristiano, la fata Morgana, per la sua incantatrice bellezza, fu vista come un personaggio negativo e addirittura come una creatura demoniaca. Morgana diventò una fata “pericolosa”, che imprigionava gli uomini più che liberarli, incatenandoli a sé con la sua bellezza ammaliatrice. Cosicché la fine dell’ età Medievale  vide  la progressiva dissolvenza e metamorfosi delle fate, spesso sostituite con la  figura  della maga, degna del rogo.

 

Fonti

L. Harf-Lancner, Les fées du Moyen-âge: Morgane et Mélusine, Paris, Champion, 1984, p. 210.

T. Keightley, The Fairy Mythology, London, George Bell & Sons., 1892, pp. 7-8.

 Story of Melusine. Lays and Legends of France,  a  cura di  William John Thoms,  London,  George Cowie, 1834, pp. 85-87.

T. Strong, “Transformation of Knights with Magic”, in Journal of Student Research . Vol. 4. Issue 2, 2015, p.  59.

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.