Il nemico invisibile di Pontiggia

L'invisibile

Chi ama il Giallo e, nel contempo, desidera gustare una letteratura di notevole livello, in grado di suggerire riflessioni di non poco momento, soffermarsi su un, ormai, “classico” delle Patrie Lettere qual è Giuseppe Pontiggia, non può che rimanere gradevolmente sorpreso. Avverto comunque che non tutta la produzione letteraria dello scrittore comasco (1934-2003) può essere fruita a cuor leggero, anche perché Pontiggia fu autore versatile che, agli inizi della carriera, era legato al gruppo della “Neoavanguardia” italiana, impegnata negli anni ’60 su una riflessione teorica sul romanzo. Di questi anni è, per esempio, “L’arte della fuga” (1968), che destruttura il romanzo tradizionale, sia nell’intreccio che nei protagonisti stessi.

No, il Pontiggia “giallista” cui mi riferisco è quello, per esempio, de “Il giocatore invisibile” , su cui mi soffermo un attimo. Il romanzo, del 1978, narra la ricerca investigativa, infaticabile, di un professore di filologia classica, uomo tutto d’un pezzo, il quale, di punto in bianco, si vede attaccato in un articolo di rivista, lui e il suo lavoro, da un misterioso quanto inafferrabile recensore. Il professore, anche se non vuole darlo troppo a vedere, rimane seriamente colpito da questo inopinato e inaspettato attacco contro la sua persona, e inizia un’opera capillare di investigazione per stanare l’ “invisibile nemico”. Passa al setaccio anche tutti i colleghi, i quali, però, risultano estranei al fattaccio. Riuscirà il Nostro a scoprire l’inafferrabile avversario? Posso dirlo, tanto non è poi così importante: la risposta è no! Pontiggia, pur muovendosi nel genere “giallo”, ha altri fini che non quello di scoprire un colpevole.

La “ricerca” ha una sua validità in sé, perché, anche se alla fine non va a colpire il bersaglio, “trova” lungo il cammino “altre” risposte sulla vita e sulla realtà, che sono molto interessanti sia per il protagonista sia per un lettore che dalla letteratura voglia ricavare un arricchimento intellettuale e “pratico” che vada al di là della semplice soddisfazione di aver individuato un “colpevole”. La realtà, la vita stessa sono carichi di imprevisti e di sorprese, specialmente per chi, sottolinea lo scrittore, “non se le aspetta”. L’affannosa ricerca di “una” verità particolare è pressoché inutile, perché, annota ancora il nostro sagace investigatore, con profondo spirito filosofico, “ […] l’ipocrisia è l’acqua in cui nuotiamo: ci tiene a galla per tutta la vita a alla fine è ancora lei che ci inghiotte […]”.

Ma anche se non trova il colpevole, come dicevo, il professore incappa in altre, come dire, “verità collaterali”, che lo interessano molto da vicino, e che concorrono a dargli a una migliore conoscenza di sé e del mondo. Un collega, il professor Salutati, dopo avergli detto di aver saputo della sua controversia con l’ignoto recensore e avergli fatto notare che la sua risposta sulla stessa rivista gli era parsa molto debole, dà il via a un colloquio molto intrigante, facendo comprendere all’amico molti aspetti del suo carattere ai quali lui non aveva mai seriamente pensato. Per esempio, a un certo punto, il discorso va a finire sulla “forza”:

“ Dunque – sospirò Salutati – Ti piacciono gli aggettivi … muscolari, tipo ‘forte’, ‘robusto’, ‘vigoroso’, ‘possente’…”. Certo, esclamò il professore, almeno fino a quando la forza sarà considerata un bene”. “Sì, ma non bisogna esagerare, rispose Salutati, … La forza non è sempre detto che lo sia. Ci sono altri aspetti importanti della vita. E poi la forza è per metà debolezza. Guarda me”. Il professore lo guardò. “Io sono sopravvissuto alla malattia perché ho un fisico debole, e quindi abituato a lottare con quasi tutto. Altrimenti sarei stato schiacciato al primo colpo […]” (1) . Il professore a poco a poco si rende conto di molti aspetti del suo carattere su cui non aveva mai seriamente ponderato; Salutati se ne accorge, e lo “incoraggia”: “ […] Credimi, sei migliorato […]”. Insomma, per Pontiggia l’importante, nella vita, è “cercare”, “investigare”: non hai trovato il “colpevole”? Poco male: hai imparato, lungo le strade sinuose della vita, un sacco di altre cose di cui non sospettavi neppure l’esistenza.

Nota

1) G. Pontiggia, “Il giocatore invisibile”, Milano, Mondatori, 1978, cap. 17°.

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.