Le perversità della retorica politica

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L’uso di una prospettiva retorica nel dibattito politico è  molto diffuso nelle nostre società. Molto spesso gli argomenti retorici messi in campo  trascendono però qualsiasi discussione sui problemi reali che le società moderne devono affrontare quotidianamente, e che giornali e riviste sottopongono all’attenzione dei loro lettori nel contesto della loro vita quotidiana. Gli argomenti utilizzati nella retorica politica democratica funzionano perfettamente, e nessuno può negare che essi risultano  molto convincenti, anche se non spiegano le cose, ma cercano esclusivamente il modo più efficace per convincere la gente e per attrarre potenziali elettori.

 

Secondo Albert O. Hirschman, gli schemi retorici standard utilizzati dai Conservatori sono tutti basati su tre principi fondamentali: il principio di perversità, di futilità e, infine, il terzo principio, detto della messa a repentaglio, si basa sul concetto che le riforme  rischiano di compromettere i progressi legislativi  e sociali conquistati dalle generazioni precedenti. Hirschman dunque afferma che la sua analisi  è dedicata a tre argomenti retorici che i Conservatori hanno ripetutamente messo in campo contro le principali proposte di cambiamento e di riforma degli ultimi due secoli: l’ argomento della perversità ( per cui la riforma  si rivelerà alla fine controproducente e peggiorerà le cose), della futilità (la riforma  sarà totalmente inefficace) e della messa a repentaglio (la riforma metterà in pericolo alcune conquiste precedentemente acquisite).

 

Il principio di perversità, che ha avuto eccezionale successo in ogni epoca storica, si basa sull’argomento (retorico) che tutte le politiche riformiste che hanno tentato di cambiare l’ordine sociale tradizionale non hanno ottenuto alcun miglioramento; anzi,  hanno prodotto l’effetto opposto. In realtà, non sta scritto da nessuna parte che le cose siano andate in questi termini, ma, a causa  della paura del cambiamento,  il principio di perversità ha sempre goduto di un numero considerevole di estimatori.

 

In conformità al principio retorico di futilità, qualsiasi tentativo di riforma economica e sociale è assolutamente inutile: esso sembra essere basato su una ( non meglio nota scientificamente) legge universale di natura,  in forza della quale tutto ritorna in eterno uguale a se stesso. Un po’ come dice il famoso proverbio popolare: “Ciò che è stato, ritorna”. È abbastanza difficile giustificare questo principio sia storicamente sia razionalmente, anche se non c’è alcun dubbio che, scavando nei meandri della storia, possiamo scovare singoli eventi e situazioni economiche e sociali che sono “simili” tra loro.

 

Così, ad esempio, furono compiuti in passato sforzi enormi per avere un mondo più pacifico, ma le guerre continuano oggi come ieri a devastare l’umanità . Lo status sociale privilegiato dell’antica aristocrazia era sancito dal  prestigio sociale e dalla ricchezza avita; tale situazione è tuttora persistente, anche se in forme differenti; pensiamo per esempio  al prestigio  e alla ricchezza  derivanti dall’ appartenere al mondo esclusivo degli uomini d’affari. La sempiterna differenza della ricchezza tra le classi e gli individui sembra possedere un forte “appeal” sugli elettori.

 

Il terzo principio, ossia la tesi della messa a repentaglio, è ampiamente usato dai conservatori contro le riforme per via degli alti costi che verrebbero a pesare sulla comunità. Allorché si tocca il  patrimonio privato, il  principio della messa a repentaglio diventa quasi per magia  particolarmente apprezzato dagli elettori. La tesi della messa a repentaglio è molto convincente, perché gli elettori, di fronte al rischio di una possibile perdita di reddito a sostegno di riforme economiche e di  politiche fiscali a favore dei poveri, diventano molto sensibili a quelli che sono definiti gli “effetti perversi” delle riforme stesse. L’argomento tende essenzialmente a colpire  il Welfare State, e molti Conservatori, specie in passato, ricordavano la legge inglese sui poveri del 1834, che, a loro parere, non soltanto non risolse il problema della povertà, ma promosse l’ozio, “causando” l’impoverimento strutturale delle società occidentali.

 

Concludo osservando che gli argomenti retorici  dei Conservatori non sono risultati sempre efficaci, perché i Riformisti hanno spesso “capovolto” gli  argomenti a proprio vantaggio. Un classico esempio di questo “rovesciamento retorico” è costituito, secondo Hirschman,  dal principio di perversità. Come abbiamo visto, secondo questo principio, i Conservatori sottolineano che i piani e le azioni dei Riformisti avranno sicuramente risultati catastrofici, e le cose peggioreranno.  I Riformisti hanno spesso risposto “invertendo” l’argomento:

 

“Se la riforma non sarà approvata, si avranno  sicuramente effetti catastrofici”.

 

Come possiamo vedere, se la retorica politica rimane ad un puro livello di ragionamento astratto, con scarsi o nulli  riferimenti a ciò che  Machiavelli chiamava la  realtà “effettuale” (i problemi reali), il dialogo politico tra le parti avverse (i partiti) rimane assolutamente “sterile”, e non porta a soluzione alcuna.

 

Fonte:

 

 

Albert O. Hirschman, A Propensity to Self-subversion, Harvard University Press, 1995, pp. 89-90.

 

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.