L’esercito romano di Vegezio

Il problema delle strategie usate dall’esercito Romano costituisce motivo di grande interesse tra il pubblico. Gli studi sono molto avanzati in questo settore, e, nonostante i più antichi trattati romani di strategia bellica siano andati perduti, una fonte importante è ancora oggi costituita dall’ Epitome Rei Militaris,  di Vegezio (V secolo d.C.). Sulla questione sopra accennata e su Vegezio, V.  The Cambridge History of Greek and Roman Warfare, edited by Philip Sabin-Hans van Wees-Michael Whitby,  New York : Cambridge University Press, 2007, Vol. I,  p. 3.

 

The warfare strategy used by the Roman army is of great interest among general readers. Studies are very advanced in this area, and, despite the oldest Roman military strategy treaties have been lost, an important source still remains, that is the Epitome Rei Militaris, written by Vegetius (5th century AD). Both on this issue and on Vegetius, see The Cambridge History of Greek and Roman Warfare, edited by Philip Sabin-Hans van Wees-Michael Whitby, New York: Cambridge University Press, 2007, vol. I, p. 3.

 

Un rapido esempio tratto dall’ Epitome Rei Militaris

 

Vegezio avverte in via prelinare che “ in omni autem proelio non tam multitudo et uirtus indocta quam ars et exercitium solent praestare uictoriam”. Ossia:  in qualsivoglia battaglia la vittoria è assicurata  non tanto dal numero o dal valore scomposto di qualcuno quanto  dall’arte della guerra e dal continuo esercizio.

 

Poi continua:

 

“Sciendum autem est in una legione decem cohortes esse debere. Sed prima cohors reliquas et numero militum et dignitate praecedit. Nam genere atque institutione litterarum viros electissimos quaerit. Haec enim aquilam, quod praecipuum signum in Romano est exercitu et totius legionis insigne; haec imagines imperatorum […] habet pedites mille centum quinque, equites loricatos CXXXII, et appellatur cohors miliaria ; haec caput est, ab hac, cum pugnandum est, prima acies incipit”.

 

In breve,

 

“Bisogna ordunque sapere che ci devono essere dieci coorti a formare una legione. Ma la prima coorte sopravanza tutte le altre per numero di soldati e dignità dei suoi componenti. Essa, infatti , per la sua stessa natura istituzionale, richiede la presenza di uomini molto esperti ed estremamente colti. Qui troviamo l’aquila, l’insegna più importante dell’esercito romano; qui le insegne e le immagini degli imperatori […] Conta 1105 fanti, 132 cavalieri loricati [protetti con corazze a squame], ed è chiamata coorte miliaria, ossia il “perno” della legione, perché qui c’è il comando supremo, e, allorché s’inizia il combattimento, la prima ondata proviene da essa”; e via di seguito, secundatertia …  (1).

 

A quanto ci dice il dottissimo editore  Karl  Lang, che si firmava Carolus Langius,  nella sua Praefatio in latino della sua edizione dell’Epitoma Rei Militaris, Vegezio era sicuramente un grande esperto di cose militari, avendo egli raggiunto i gradi più alti nell’esercito romano (Flauium Vegctium Renatum ampliorem in militia obtinuisse); e ciò pare comprovato non soltanto da lui stesso, ma anche dai codici più autorevoli (non solum ex ipso quo innotuit opere sed etiam codicum auctorilate firmatur) (Praefatio, p. V).  Comunque sia, gli Epitoma di Vegezio costituiscono a tutt’oggi un documento unico di storia della strategia  militare nel mondo antico pervenuto sino a noi, anche perché, a detta di V.C. Manson (2), gli antichi ebbero scarsa cura di tramandare testi di pura strategia militare, cosa che invece interessò molto di più il Medioevo e l’età moderna. Ne L’arte della guerra di Machiavelli, per esempio,  si affronta anche il tema della struttura dell’esercito romano (3):

 

“Fabrizio. Ed io non voglio ora dimostrarvi altro che questo. Voi avete ad intendere come in uno esercito romano ordinario, il quale chiamavano esercito consolare, non erano più due legioni di cittadini romani, che erano secento cavalli, e circa undicimila fanti. Avevano dipoi altrettanti fanti e cavalli, che erano loro mandati dagli amici e confederati loro; né mai permettevano che questi fanti ausiliari passassero il numero de’ fanti delle legioni loro; bene contenti che fusse più numero quello de’ cavalli. Con questo esercito,  che era di ventiduemila fanti e circa dumila [sic] cavalli utili, faceva uno consolo ogni fazione, e andava ad ogni impresa”.

 

Note

 

1)      Flavii Vegeti Renati Epitoma Rei Militaris, Recensuit Carolus Lang, Lipsiae, in Aedibus B. G. Teubneri, MDCCCLXVIIII [1869], Lib II, 6-7,  p. 38.

2)      V.C. Manson, “Introduction”, in The Cambridge History of Greek and Roman Warfare, cit., p. 5.

3)      Libro dell’arte della guerra, di Niccolò Machiavelli, a cura di D. Carbone, Firenze, Barbera, 1872, pp. 61-62.

 

 

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.