Lo specchio di Čechov: “Come sono bella!”

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Ettore Lo Gatto aveva ragione quando asserì che non v’era alcuna differenza tra il Čechov “giovane” e quello della maturità. Lo Gatto aveva ragione forse, e soprattutto perché Čechov morì molto giovane, ad appena 44 anni. Ciò spiegherebbe in pieno l’osservazione di Lo Gatto secondo cui “non vi fu soluzione di continuità tra il Čechov allegro e spensierato della giovinezza, il quale raccoglieva aneddoti per nutrire la propria collaborazione ai giornali umoristici, e il Čechov della maturità, inquieto come un gabbiano”. In più, Čechov, quasi alla stregua di Luigi Pirandello, ebbe, scriveva ancora Lo Gatto,  un’ “acuta intuizione della tristezza della vita, che molti erroneamente attribuiscono solo al Čechov degli anni maturi”.

 

In realtà, come dicevamo, Čechov non ebbe realmente il tempo d’invecchiare: morire a 44 anni significa morire giovane, e non avere neppure il tempo materiale di sedimentare esperienze e modi di sentire “troppo diversi” gli uni dagli altri. Umorismo e tristezza accompagnarono quindi sempre lo scrittore, anche nelle prime opere.

 

Thomas Mann,  rattristandosi di aver conosciuto tardi Čecov, e rammaricandosi della propria “ignoranza”, riconobbe che anche negli “articoletti” giovanili Čechov “penetra qualcosa” che davvero il lettore non si aspetterebbe:

 

“ Ma quel che io chiamo lo straordinario, il singolare, l’inatteso e che a poco a poco, senza che egli stesso quasi lo voglia e si renda conto di quel che accade, in quegli articoletti egli penetra qualcosa con cui in origine non volevano aver nulla a che fare e che ha le sue radici nella coscienza letteraria e allo stesso tempo in quella personale del poeta, qualcosa che rimane, sì, spassoso e divertente, ma allo stesso tempo amaro e triste”.

 

La prova della veridicità delle parole di Thomas Mann la possiamo vedere in un racconto giovanile, risalente al 1883: Lo specchio deformante, in cui i due protagonisti, marito e moglie, fanno visita alla casa avita, ormai completamente in rovina,  della nonna di lui:

 

“- Oh avi, Avi! – dissi io sospirando profondamente. – Se io fossi scrittore, guardando i vostri ritratti, scriverei un lungo romanzo. Infatti ciascuno di questi vecchi di un tempo fu giovane e ciascuno o ciascuna ebbe il suo romanzo …. e quale romanzo!

 

Guarda, per esempio, questa vecchia mia bisavola. Questa donna brutta e mostruosa ha una sua storia estremamente interessante. Lo vedi – domandai a mia moglie – lo vedi quello specchio appeso là nell’angolo? – E le indicai un grande specchio dalla nera cornice di bronzo che era appeso in un angolo accanto al ritratto della mia bisavola. – Quello specchio possiede qualità magiche: esso portò alla rovina la mia bisavola. Ella lo pagò una somma enorme e non se ne separò fino alla morte. Vi si mirava perfino quando beveva e mangiava. Coricandosi lo poneva sempre accanto a sé nel letto e, morendo, pregò che lo si mettesse con lei nella bara ….

Diedi una spolverata allo specchio e guardandomici mi misi a ridere … Lo specchio era deformante e distorceva la mia faccia in tutti i sensi, il naso era andato a finire sulla guancia sinistra, il mento si era sdoppiato ed era scivolato di sbieco.

–        Strani gusti aveva la mia bisavola! – dissi.

 

Mia moglie si avvicinò esitante, anche lei vi si rimirò, e immediatamente accadde qualcosa di spaventoso. Ella impallidì, si mise a tremare in tutto il corpo e lanciò un grido … Nello stesso istante udii cadere sul pavimento qualcosa di pesante: mia moglie aveva perduto i sensi … Afferrai mia moglie, la cinsi alla vita e la portai fuori dalla dimora dei miei avi. Ella rinvenne soltanto la sera dopo.

 

Lo specchio! Datemi lo specchio! – disse tornando in sé. – Dov’è lo specchio?

 

Rimase poi un’intera settimana senza bere, senza mangiare e senza dormire, e continuamente chiedeva che le portassero lo specchio. Singhiozzava, si strappava di testa i capelli, si agitava e finalmente, quando il dottore dichiarò che poteva morire d’inedia … le portai lo specchio della mia bisavola. Vedendolo, ella si mise a ridere di felicità, poi lo prese in mano, lo baciò e vi fissò dentro gli occhi …

 

Un giorno, stando dietro a mia moglie, guardai per caso nello specchio e scoprii il terribile segreto. Nello specchio vidi una donna di abbagliante bellezza, quale mai avevo incontrato nella mia vita … Perché la mia brutta e goffa moglie nello specchio appariva così bella? Perché? …

 

Ed ora tutti e due, io e mia moglie, stiamo davanti allo specchio e, senza staccarne gli occhi un momento,

guardiamo;

il mio naso scivola sulla guancia sinistra, il mento si sdoppia e si torce di sbieco,

ma il volto di mia moglie è incantevole, e una furiosa, folle passione si impadronisce di me.

Ah! ah! ah!, sghignazzo selvaggiamente.

Ma mia moglie mormora in modo appena percettibile:

Come sono bella!

 

Cechov come Poe: l’uomo, la donna, e le illusioni della vita. Le illusioni sono il vero e unico specchio deformante.

 

Fonti:

E. Lo Gatto, Profilo della letteratura russa, Milano, Mondadori, 1975, p. 291.

 

T. Mann, “Saggio su Čechov”, in Antòn Čechov, Racconti e Teatro, Firenze, Sansoni, 1966, p. XXI. Lo specchio deformante, pp. 3-4.

 

 

 

 

 

 

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.