“Pio XII […] non si espresse pubblicamente contro lo sterminio degli ebrei. Questo fatto è contestato raramente, né potrebbe esserlo; se esistessero prove di una protesta pubblica, sarebbe facile presentarle. Non esistono” (1).
Poi la Zuccotti passò in rassegna diverse motivazioni per le quali Pio XII non prese mai una posizione “pubblica” contro la persecuzione degli ebrei, tra le quali, la più forte in senso assoluto mi pare la seguente: “La sua convinzione che una condanna pubblica della politica nazista avrebbe peggiorato le cose sia per gli ebrei sia per i cristiani” (2). La Zuccotti “allineò” questa motivazione insieme con le altre, quasi avesse lo stesso peso delle altre, e qualcuno potrebbe anche dire che l’argomento è debole, tutto da dimostrare con carte alla mano, ecc. ecc. Eppure, se consideriamo bene i fatti, questa giustificazione ha una potenza di gran lunga superiore alle altre addotte.
In questo senso, bisogna essere estremamente razionali e pragmatici nel dare un giudizio su questo Papa. Chiunque guardi a quegli “anni terribili”, non può fare a meno di riconoscere che Pio XII interpretò al più alto livello possibile il suo magistero. Uomo per vari versi “sfingeo”, egli fece del “silenzio” ( ma accompagnato da aiuti concreti, specie in Italia, come riconobbe la stessa Zuccotti) (3), l’arma più efficace per tentare di salvare le vite di migliaia di ebrei, italiani e non. Dobbiamo pragmaticamente considerare che, date le particolari e tremende circostanze di allora, dove soltanto la “forza” avrebbe “effettivamente” potuto bloccare la strage degli ebrei, è pressoché utopistico ipotizzare che il Papato, con uno o più interventi pubblici, avrebbe potuto in qualche modo “interrompere” le deportazioni e il genocidio.
Chiunque, al contrario, anche se mancano (e forse per fortuna) le controprove, potrebbe facilmente prevedere che le cose sarebbero state di gran lunga peggiori per gli ebrei, se Pio XII avesse condannato “Urbi et Orbi”, come molti avrebbero preteso e pretenderebbero, la Germania di Hitler. Nonostante i severi rilievi di Susan Zuccotti contro il “silenzio” di Pio XII, è la stessa studiosa che poi mette in luce il fatto che ci furono “minacce” molto serie da parte dei tedeschi, attraverso l’ambasciatore in Vaticano. L’ambasciatore tedesco, accreditato presso la Santa Sede, Ernst Von Weizsäcker dichiarò senza mezzi termini che se il Papa si fosse “schierato” apertamente contro la Germania, le conseguenze sarebbero state devastanti per gli ebrei.
Ernst Von Weizsäcker aveva avvertito il suo amico Gerhart Gumpert, facente parte dell’ambasciata tedesca in Vaticano, che “qualsiasi protesta da parte del Papa avrebbe come conseguenza che le deportazioni sarebbero state attuate in modo assolutamente radicale”, aggiungendo poi, in tono sempre più intimidatorio, che noi sappiamo essere corrispondente alla verità dei fatti storici: “So bene come si comportano i nostri in questi casi” (4).
Nel caso di un atteggiamento benevolo, Weizsäcker aveva ricevuto istruzioni da parte del Ministro degli Esteri Ribbentrop, di assicurare Pio XII che “la sovranità e l’integrità territoriale del Vaticano sarebbe stata rispettata”. Tuttavia, a parte lo “zuccherino” d’un sapore tutto da “realpolitik”, la risposta del Papa a questa evidente intimidazione fu veemente, e Gerhart Gumpert riferiva a Weizsäcker:
“Un alto dignitario del Vaticano, molto vicino al Santo Padre mi ha appena riferito che questa mattina sono cominciati gli arresti degli ebrei di nazionalità italiana. Nell’interesse delle buone relazioni tra il Vaticano e l’alto comando delle forze tedesche […] Vi chiedo vivamente di ordinare l’immediata cessazione di questi arresti a Roma e dintorni. Temo che se ciò non fosse il papa prenderà pubblica posizione contro gli arresti e non si potrà evitare che ciò diventi un’arma contro di noi in mano alla propaganda antitedesca” (5). La minaccia era severa, e sappiamo per certo che in Germania si tramavano oscuri disegni contro il Papa:
“The January, 22, 1943 report written by the Nazi’s Reich Central Security Office, […] condemned Pius XII’s 1942 Christmas Address for ‘clearly speaking on behalf of the Jews’, and […] accused the Pontiff of being a ‘mouthpiece of the Jewish War Criminals’ […] The recently discovered Nazi plan, reported in the July 5, 1998 of the Milan newspaper ‘Il Giornale’, […] described Hitler’s plan to ‘massacre Pius XII with the entire Vatican’, because of the ‘Papal protest in favor of the Jews” [Il 22 gennaio 1943, la relazione scritta dall’ Ufficio Centrale di Sicurezza del Reich, […] ha condannato senza riserve il saluto di Natale per il 1942 di Pio XII per avere ‘ egli chiaramente parlato nell’interesse degli ebrei’, e […] ha accusato il Pontefice di essere un ‘portavoce dei criminali di guerra ebrei’ […] Il piano nazista scoperto recentemente, segnalato il 5 luglio 1998 dal quotidiano milanese ‘Il Giornale’,[ …] ha svelato il piano di Hitler deciso a ‘massacrare Pio XII e l’intero Vaticano, per la ‘ protesta papale in favore degli ebrei’ ] (6).
Concludiamo. Mettersi ora a giudicare, allo stato delle nostre attuali conoscenze delle fonti storiche, l’operato di un uomo che ebbe sulle spalle una responsabilità così immane, è perlomeno temerario, se non ridicolo. L’unica cosa seria che si può fare è una e una soltanto: sospendere il giudizio!
Francia ed Italia di fronte all’Olocausto
Venendo ora ad altre “responsabilità” forse più alla nostra portata, Francia e Italia si situano, storicamente, su un piano “inclinato” estremamente scivoloso, dove i fatti accertati rimandano a prese di posizione cariche di enormi responsabilità, anche se con differenze “sostanziali” di non poco momento. La Francia di Vichy, sin dagli inizi del conflitto, e senza vi fossero particolari “pressioni” da parte tedesca, iniziò “motu proprio” una forte persecuzione antiebraica, riallacciandosi, quasi idealmente, alla politica della destra francese di fine ‘800, che visse nel famoso “Affaire Dreyfuss” uno dei momenti più evidenti del suo “trionfo” antisemita. Con tutto ciò, la Francia di Vichy e del Generale Pétain, ebbe, nella persecuzione antiebraica degli atteggiamenti, che, con tutte le cautele del caso, potremmo quasi definire “etici”, che rispecchiavano in modo trasparente la “tipica” mentalità francese, fortemente “patriottica”, cioè a dire volta alla sostanziale “protezione” degli ebrei considerati a tutti gli effetti “francesi”, perché radicati nel Paese da secoli (gli “israèlites”), mentre vi fu un allineamento generalizzato alle pratiche naziste allorché si trattò di perseguitare i “Juifs” “stranieri” individuati sul territorio francese:
“Bousquet instructed the regional prefects on August, 22: ‘In the days that follow the projected operation, I ask you to have important police forces conduct extremely severe checks and identity verifications in order to liberate your region totally of all the foreign Jews’” [ Bousquet istruì i prefetti regionali il 22 agosto: ‘ Nei giorni che seguiranno la progettata operazione, vi chiedo di tenere a disposizione imponenti forze di polizia per attuare controlli e verifiche di identità estremamente severi, al fine di liberare totalmente la vostra regione dalla presenza di tutti gli ebrei stranieri’” ] (7).
In Italia, per converso, mancò un’ “etica coerente” da parte del Fascismo nei confronti degli ebrei “italiani” da generazioni, perché si passò da una difesa generalizzata degli ebrei ad un allineamento altrettanto generalizzato alla pratica persecutoria nazista, specialmente dopo Salò. E’ comunque da sottolineare che, mentre in Francia l’atteggiamento della popolazione, spesso irretita da antisemiti senza scrupoli alla stregua di Pierre Laval, che i tedeschi vollero a tutti i costi “dentro” il governo Pétain, fu molto ostile agli ebrei, in Italia, sin dall’inizio, la politica antiebraica fu sempre abbastanza “snobbata” dalla popolazione italiana, che protesse, per quanto possibile, gli ebrei “italiani”, mentre il governo fascista, dopo Salò, con un inopinato voltagabbana, abbandonò gli ebrei italiani letteralmente a se stessi :
“In Italy, at the end of 1943, for example, the population rarely demonstrated anti-Semitic sentiments, generally disliked the war, and understood that the Germans were losing. Nevertheless Mussolini’s puppet government, reinstated in September when the Germans occupied the country after the armistice, officially abandoned native their foreign Jews alike in a sweeping manner and never occurred in France” [In Italia, alla fine del 1943, per esempio, la popolazione raramente dimostrò sentimenti anti-semiti, e, in generale, era contraria alla guerra, perché aveva capito che i tedeschi la stavano perdendo. Tuttavia, il governo fantoccio di Mussolini, reinsediato in settembre, quando i tedeschi occuparono il paese dopo l’armistizio, ufficialmente abbandonò gli ebrei nati in Italia in una maniera così plateale come mai si è verificato in Francia] (8).
Enzo Sardellaro
Note
1) Susan Zuccotti, “Il Vaticano e l’Olocausto in Italia”, Milano, Paravia-Bruno Mondadori Editori, 2001, p. 1. Titolo originale, “Under His Very Windows. The Vatican and the Holocaust in Italy”. Yale University Press, New Haven-London, 2000.
2) Ivi, p. 2.
3) Ivi, p. 4 (“Molti studiosi, pur ammettendo tutto ciò, insistono su un’eccezione: in Italia, sostengono, il papa ‘riuscì’ a salvare gli ebrei, e lo fece in molti modi, dimostrando la sua profonda solidarietà e il suo interessamento”).
4) Ivi, p. 187.
5) Ivi, p. 187.
6) M. Marchione, “Shepherd of Souls: A Pictorial Life of Pope Pius XII”, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2002, p. 125 nota 12.
7) S. Zuccotti, “The Holocaust, the French and the Jews”, Bison Books, New York, 1999 ( First Edition 1993), p. 128.
8) Ivi, p. 179.