Il Medioevo, Adamo e la misoginia

adamo-ed-eva-ed-il-pomo

 

La letteratura medievale è ricca di testi misogini, alcuni dei quali ci furono tramandati dalle donne stesse. Un caso eclatante fu per esempio quello di Eloisa, che s’addossò tutta intera la colpa di aver “rovinato” la carriera di un filosofo dello stampo di Abelardo.

 

Ma il primo caso assolutamente fededegno di misoginia ci è stato tramandato da un uomo, e non da un uomo qualsiasi, ma dal capostipite di tutto il  genere maschile, ossia nientepopodimeno che da Adamo, “primus homo”, il primo uomo comparso sulla terra.

 

La misoginia di Adamo gli derivava, ovviamente, dalla faccenda del “pomo”, che, effettivamente, gli restò sul gozzo. Sic stantibus rebus, Adamo, indispettito, in una delle prime prove assolute di “misoginia applicata”, cantò lamentevolmente il suo disappunto. In questo piccolo dramma medievale misogino, compaiono un “Coro” (Chorus), un Praeceptor (primo cantore), e Adamo:

 

Chorus: Recédite, recédite

Ne mulieri crédite!

 

Praeceptor:  Dic tu, Adam, primus homo,

qui deceptus es in pomo.

 

Adam:  Sum eiectus Dei domo:

uxor meas me fraudavit;

dum me pomo satiavit

paradiso me privavit.

Chorus: Recédite, recédite

Ne mulieri credite!

 

Traducendo un po’ alla buona: “Tornate indietro, non credete alle donne! Parla tu, Adamo, che sei stato il primo uomo gabbato per via d’un pomo. Adamo: ‘Dio m’ha  sfrattato di casa; e mia moglie mi ha truffato dandomi da mangiare un pomo’”.

 

Eloisa, scrivendo ad Abelardo, dava perfettamente ragione ad Adamo, osservando che la “prima mulier” (Eva, la prima donna), “quae ei (Adamo) a Domino creata fuit in auxilium, in summum ei conversa est exitium”. Ossia: “La prima donna, che era stata creata da Dio per porgere aiuto a lui (Adamo), gli si rivoltò contro rivelandosi assolutamente fatale”. Ma è ovvio che Eloisa, un po’ come tutte le donne, carica un po’ troppo le tinte, senza tener conto anche delle effettive responsabilità di Adamo, che, da primo-bravo-uomo attivò magnificamente ciò che è tradizionalmente conosciuto come lo “scaricabarile”.

 

Comunque sia, dopo Adamo, nella stessa canzoncina misogina, compaiono altri personaggi “decepti” dalle donne, quali, per esempio, Lot, il quale lamenta:

Heu, deceptum sum per merum,

Ne mulieri credite!

 

“Ahimé, il vino m’ha gabbato. Non credete alle donne!”

 

Segue poi Davide, il quale attesta che “mulieres raro bonae/plene sunt deceptione” (Le donne raramente sono brave e buone/ perché son piene di trappole). E dopo le lamentele, tutto sommate immotivate di Adamo, Lot e Davide, la canzoncina conclude:

 

Mulieres sunt fallaces,

et in ores sunt loquaces,

et in corde sunt mendaces.

Ne mulieri credite!

 

“Le donne sono imbroglione, chiacchierone, e nel cuor bugiarde. Non credete alle donne!”.

 

Ma, mi si dica in tutta onestà: c’è qualcuno che crede seriamente alle lamentele espresse in questo ritornello? Adamo, poi,  è del tutto esagerato. In fondo, Eva pensava soltanto alla sua salute, secondo il vecchio detto:

 

“Un pomo al giorno leva il medico di torno”.

 

Adamo ingrato, “sconoscente e vile”  (“irriconoscente, spregevole e villano”), tanto per usare una fraseologia tipicamente medievale. Per farla breve, il satireggiar le donne divenne una sì sconveniente moda che il dotto poeta Fra’ Guittone d’Arezzo, non più sopportando tali dileggi, cantò da par suo in difesa delle donne:

 

Ahi lasso! Che li boni e li malvagi

Uomini tutti hanno preso accordanza

Di mettere le donne in dispregianza …

 

Fra’ Guittone d’Arezzo sì che aveva capito (ma tutto tutto tutto?).

 

Fonti:

 

Il ritornello sopra citato è riportato da varie fonti. Il presente testo è stato tratto da un saggio di Julius Feifalik, “Studien Zur Geschichte der Altböhmischen Literatur”, in   Sitzungsberichte, 1861, p. 164. La lettera di Eloisa ad Abelardo si può leggere in G. Vecchi, “Su alcuni testi riguardanti la letteratura misogina medievale”, in Convivium, 1951, p. 557. Lo stesso G. Vecchi riporta anche il testo del ritornello  sopra analizzato, ma soltanto per la parte che riguarda il “lamento” di Adamo (p. 560).

 

Per l’espressione “sconoscente e vile”, cfr. G. Cavalcanti, “Rime”, XVII, 3,  in Letteratura Italiana Einaudi, Ediz. esemplata su quella approntata da  G. Contini,  Poeti del Duecento, Napoli-Milano, 1957, p. 13.

 

Rime di fra Guittone d’Arezzo, XLII, Firenze, Gaetano Morandi & Figlio, 1828,  Vol. II, p. 177.

 

 

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.