Scipione Maffei e la barba dei barbari

 

Al pari della Satira, che fu un’invenzione Romana (“Satura tota nostra est”, si vantava Quintiliano), anche la scrittura fu un’invenzione dei Romani. Scipione Maffei, solidissimo erudito del XVIII secolo,  fiero della propria eredità romana, e difensore senza reticenze del genio italiano,  confuse con ragionamenti e prove inoppugnabili quanti pretendevano che anche i barbari europei possedessero una scrittura indipendente da quella romana.

 

“Si suol credere, scriveva Maffei,  ancora comunemente che vi siano stati cinque generi d’antica scrittura latina:  la Romana, la Gotica, la Longobarda, la Sassonica e la Franco gallica. Ma se può esser lecito in materia letteraria anche contro le universali prevenzioni dire il vero, ci faremo lecito d’asserire come queste differenti maniere di scrivere sono ugualmente Romane. Questa verità è per sé patentissima (= palese, evidente), mentre di nazioni si tratta,  alle quali lo scrivere in qualunque modo si fosse fu cosa straniera e nuova,  e però o non praticata punto, o pochissimo, e da pochissimi”.

Traducendo alla moderna e accorciando:

“Ci sono ancora molti propensi a credere, diceva Maffei, che ci fossero stati in Europa cinque generi di scrittura latina: la Romana, la Gotica, la Longobarda, la Sassonica e la Franco gallica. Ma a dir la verità,  esse furono tutte di origine romana. Questa è una verità inoppugnabile, perché si tratta di nazioni che con la scrittura non avevano niente da spartire, essendo essa praticata soltanto da pochissimi individui”.

“Leggesi in Eliano a che i barbari d’Asia aveano costumato anche ne’ tempi antichi di scrivere,  ma non così quei d’ Europa, i quali stimavano all’incontro vergogna tutti usar lettere.  I Goti,  che si  resero assai più civili degli altri,  stettero sino alla fine del quarto secolo Cristiano senza caratteri: la lingua Germanica si cominciò a mettere in iscritto solamente nel nono secolo. Indubitato è certamente che i Romani avevano come noi due sorti di caratteri,  l’uno maiuscolo per le iscrizioni e per libri meglio scritti,  l’altro minuscolo per le epistole e per gli atti notariali e per documenti e per la speditezza fu adoperato anche nei codici” (Scipione Maffei, Compendio della Verona illustrata).

“Eliano asseriva che i barbari d’Asia avevano praticato la scrittura sin dai tempi più antichi; ma in Europa è tutto un altro paio di maniche, perché c’erano popoli che addirittura si vergognavano di saper scrivere. I Goti, che erano i più civilizzati tra i barbari, fecero uso della scrittura soltanto alla fine del quarto secolo dell’era cristiana; e i tedeschi lasciarono qualcosa di scritto soltanto dal IX secolo. I Romani avevano due tipi di scrittura:  una maiuscola per le iscrizioni, e una minuscola per le lettere e gli atti notarili”.

 

Scipione Maffei aveva perfettamente ragione. Infatti Giulio Battelli, nelle sue Lezioni di paleografia, asserì che

 

“gli studi più recenti hanno confermato l’affermazione di Scipione Maffei intorno all’origine e alla classificazione della scrittura latina: pur di fronte alla grande varietà dei tipi che troviamo nei manoscritti antichi e medievali, non si può né si deve parlare di ‘diverse scritture latine’, ma solo di forme diverse che derivano tutte dalla scrittura latina dell’età romana” (G. Battelli, Origine e sviluppo della scrittura latina).

 

Cosicché, osservò ancora Battelli, dalle forme di scrittura più arcaiche delle iscrizioni, in cui si usava la capitale arcaica, derivarono due generi di scritture: la capitale libraria (detta anche rustica) e la capitale corsiva, usata nelle lettere e nei documenti, poi trasformatasi in minuscola corsiva. Fu da quest’ultima che nacquero le varie scritture nazionali, come la merovingica in Francia, la visigotica in Spagna e la beneventana in Italia. Poi, a  partire dal secolo VIII,  comparve la scrittura carolina, che ebbe larghissima diffusione in tutta Europa.

 

Dunque la storiografia contemporanea circa le origini della scrittura in Europa suffraga le ipotesi sostenute a suo tempo da Scipione Maffei, il quale si batté a spada tratta per difendere i diritti d’autore dei Romani anche in fatto di scrittura:  i barbari non ebbero alcun ruolo nella sua formazione; e spesso si vantavano, a torto, d’essere “inventori” di cose che invece furono dovute soltanto ai Romani:

 

“Toccammo nell’ anterior libro d’alquante cose le quali co’ barbari e specialmente co’ Longobardi in Italia vennero; ora con maggior frutto di molte favellar conviene,  che non ci furono altramente da essi recate,  benché ne’ moderni tempi così generalmente si sia creduto e si creda che tutto ciò che in Italia o di buono o di cattivo dappoi s’e fatto agli stranieri attribuir si dovesse.  ln primo luogo gl’Italiani non si confusero mai con i barbari,  né cambiarono mai per essi di religione,  ma i Longobardi al contrario rinnegarono col tempo la propria e la nostra presero.  Non cambiarono parimenti gli Italiani d’abito né di sembianza, ma all’ incontro i barbari si adattarono col tempo e si uniformarono agli usi nostri Portavano i Goti ed i Longobardi  la barba, e gl’ltaliani no, onde si rise Enodio [sic] di colui, che in vesti Romane, e con faccia barbarica, cioè imboschita, compariva”.

 

“Ci sono oggi, concludeva Maffei, molti che credono che ciò che di buono o di meno buono s’è fatto in Italia sia opera degli stranieri. Però gli Italiani non si sono mai fusi con i barbari: furono al contrario essi che ‘si uniformarono agli usi nostri’. I Goti e i Longobardi si facevano crescere la barba, mentre gli Italiani no. Cosicché Ennodio se la rideva  di quei tali che si facevano vedere in giro con la tipica faccia barbarica, ossia con la faccia imboschita  ‘more barbarico’ ”.

 

E con questo, l’esterofilia di ieri e di oggi è servita,  di barba e capelli.

 

Fonti

 

Scipione Maffei, Compendio della Verona illustrata principalmente ad uso de’ forestieri, Verona, nella Stamperia Moroni, 1795, Vol. I,   pp. 94-95.

G. Battelli, “Origine e sviluppo della scrittura latina”, in Lezioni di paleografia, Roma, Città del Vaticano, 1949, p. 45.

 

 

 

 

 

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.