Tacito “manoscritto”

scrittura

La tradizione manoscritta delle opere di Tacito, secondo gli studi più accreditati (Cfr. Paladini-Castorina, [“Storia della letteratura latina”, vol. II, problemi critici, Pàtron] si rifà a codici molto antichi, come il “Mediceus Prior”, risalente al IX secolo, che ha salvato la prima parte degli “Annales”, e il “Mediceus Alter”, che riporta la prima parte degli “Annales” e i primi libri delle “Historiae”.

I due codici sopra citati non sarebbero privi di errori e correzioni; in particolare, il “Mediceus Prior” è ricco di note e correzioni a margine operate dal primo editore, Filippo Beroaldo il giovane, umanista bolognese, e da altri editori successivi. Il “Mediceus Alter” fu scoperto da Giovanni Boccaccio a Montecassino, e anc’esso riporta numerose correzioni operate dal copista.

I due codici sopra detti furono in seguito integrati da due codici “Laurentiani”, risalenti al XV secolo. Gli altri codici a nostra disposizione, i cosiddetti “Deteriores”, non avrebbero alcuna importanza ai fini della tradizione manoscritta tacitiana. In sede di tradizione manoscritta merita invece un cenno il “Dialogus de Oratoribus”, attribuito, sia pure con forti resistenze, allo stesso Tacito. Il problema esegetico del “Dialogus” fu ampiamente dibattuto dalla critica, anche perché la storia del codice che ci ha conservato il “Dialogus” è perlomeno “avventurosa”.

In rapida sintesi, verso la metà del XV secolo, un monaco, Enoch d’Ascoli, portò in Italia un codice dal Monastero di Hersfeld, in Germania. Questo codice conteneva, oltre alla “Germania” e all’ “Agricola”, anche il suddetto “Dialogus de Oratoribus”. L’umanista Candido Decembrio, che analizzò il codice con estrema accuratezza, si accorse però di un elemento “sospetto”. Mentre le prime due opere del codice portavano in testa il nome di Tacito, nel “Dialogus”, la “firma” era assente. Da queste osservazioni “esteriori” nacquero i primi dubbi circa la paternità del “Dialogus”: era stato effettivamente scritto da Tacito? I dubbi cominciarono a crescere quando si notarono anche sfasature “stilistiche”. In effetti, ad una disamina dello stile, esso sembrava abbastanza diverso da quello di Tacito. Però, la faccenda dello stile non era un argomento “conclusivo”, perché fu giustamente sottolineato che il “Dialogus” fu probabilmente scritto da un Tacito molto giovane, che ancora doveva maturare il suo stile precipuo.

Comunque sia, l’attribuzione del “Dialogus” a Tacito è ancora oggi non certissima, anche se, a detta di Castorina, l’attribuzione a Tacito “non è impossibile”. Ci sarebbero “ragioni interne” all’opera che potrebbero infatti rinviare al Tacito maturo. Laddove, per esempio, si discute nel “Dialogus” se gli oratori antichi fossero stati superiori ai “moderni”, Vipstano Messalla e Giulio Secondo sostengono con convinzione che gli oratori antichi furono senz’altro superiori, sia perché l’educazione dei giovani oratori si presentava ai loro tempi in chiara decadenza, sia perché l’oratore non può trovarsi a proprio agio in un regime dominato dai “tiranni” (gli imperatori romani).

Ora, poiché l’accenno ai “tiranni” costituisce un “topos” fondamentale dell’intera opera tacitiana, si è giustamente osservato che il dato costituisce un elemento non secondario nell’attribuzione del “Dialogus” a Tacito. Il che è sicuramente un ottimo argomento, condivisibile in toto, tenuto conto del ruolo che ebbero i “tiranni” nell’intera opera del grande scrittore latino. Ma su questo particolare aspetto, che esula dal taglio strettamente filologico di questo articolo, torneremo più avanti.

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.