Tempo di uccidere: il romanzo “stregato” di Ennio Flaiano

 

In un saggio dal titolo Flaiano il marziano, F. Natalini ricordava come “i grandi critici crociani degli anni Quaranta e Cinquanta, De Robertis, Cecchi, Pancrazi, avevano pressoché ignorato Flaiano, e miglior sorte non aveva avuto con la generazione successiva, visto che il suo nome non appariva né nell’Antologia del Novecento di Gianfranco Contini, né nel Dizionario Enciclopedico UTET. Negli anni successivi non è cambiato molto” (F. Natalini, “Flaiano il marziano”, in Sincronie: rivista semestrale di letterature, teatro e sistemi di pensiero, 1998, p. 182)

 

Non ci si può meravigliare del fatto che le cose siano andate in siffatto modo, visto che i “guru” della critica italica degli anni Cinquanta e Sessanta sterzavano  tutti a sinistra: per cui Pavese sì, Cassola sì,  tantissimi altri sì: ma Flaiano no, perbacco!: non si poteva concedere cittadinanza nelle Patrie Lettere ad uno scrittore “decadente”, che non parlava né di fascismo  né di qualsivoglia altro argomento attinente alla guerra e alla Resistenza.

 

Costui nel 1949 aveva vinto il Premio Strega con Tempo di uccidere: un romanzo da ignorare, nonostante lo Strega. Un romanzo stregato, da buttare alle ortiche. Eppure, Tempo di uccidere è veramente un romanzo stregato, che affascina il lettore, che lo legge tutto d’un fiato, e quasi si dispiace di doverlo abbandonare. Il lettore non può che essere ammaliato dalle vicende del tenente intrigato nella guerra d’Etiopia, che, partendo alla ricerca di un dentista, arriva poi a vivere esperienze fascinose e terribili; dove egli mette a nudo il suo animo con accenti che non possono non colpire chi legge, o anche chi “ascolta” leggere il romanzo, consegnato non soltanto alle biblioteche, ma anche agli Archivi della RAI, dove te lo puoi gustare sentendolo leggere da uno che sa leggere.

 

Non credo di poter rinverdire la memoria di Tempo di uccidere con  queste brevi note, ma sento di poter dire che la conventio ad excludendum perpetrata ai danni di Flaiano e di Tempo di uccidere costituisce una vergogna per quanti presumono di potersi fregiare del titolo di critici letterari. E visto che mala tempora currunt per il romanzo italico, la non-lettura di Tempo di uccidere costituisce un vulnus insanabile, se non addirittura un  inescusabile insulto, alla letteratura italiana, quella vera, intendo.

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.