Teoria e pratica del diritto internazionale

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Nel «diritto internazionale» si registrano delle criticità importanti, tali cioè da metterne in crisi la stessa sussistenza di leggi volte a creare un insieme di «impegni» da rispettarsi da parte di tutti i Paesi.

 

L’idea di una serie di norme volte a regolare i rapporti tra le nazioni risale al Grozio (1583-1645), allorché egli portò avanti con successo la proposta secondo la quale nessuno Stato poteva vantare diritti sui mari aperti. Tacitamente, e fattivamente, tale norma fu universalmente riconosciuta valida per la sua razionalità. In seguito, il diritto internazionale si arricchì di ulteriori norme, che furono ugualmente accettate da tutti i Paesi per il loro carattere “assolutamente ragionevole”. Ricordiamo le più interessanti: il diritto, per esempio, di usufruire delle acque di fiumi che attraversano paesi contigui; oppure, altrettanto importante, il diritto di attraversamento degli stretti e quello da parte di uno Stato di usufruire di un fiume allo scopo di accedere al mare.

 

Data la «ragionevolezza» di tali norme, sembrerebbe che a nessuno possa venire in mente di infrangerle. Però, come si diceva all’inizio, l’interesse nazionale a volte può far sì che alcuni Paesi violino il diritto internazionale. La cosa è accaduta in passato parecchie volte. Si cita un esempio abbastanza noto: nell’ottobre del 1956 scoppiò la seconda guerra arabo-israeliana (la prima è del maggio 1948): in quel frangente l’Egitto nazionalizzò il Canale di Suez e impedì il transito alle navi israeliane: il che costituì una violazione patente del diritto internazionale sulla libera navigabilità degli stretti.

 

Che cosa significa, sotto l’aspetto teorico, e non solo, questo tipo di violazione? Significa semplicemente che “il diritto internazionale può essere violato” perché non esistono organi giudiziari così autorevoli e riconosciuti che possiedano l’effettivo potere di far rispettare le leggi. L’ONU può fungere da tribunale internazionale, ma possiede un difetto assai grave che ne pregiudica l’autorevolezza: ossia il fatto che questo tribunale non è spesso «terzo» rispetto alle controversie, perché può accadere che la violazione del diritto sia venuta da un paese appartenente all’ONU, e quindi essere una delle parti in causa, la quale può, se si tratta di una potenza, esercitare il diritto di veto riguardo alle eventuali sanzioni.

 

C’è poi il dato, inconfutabile, che la Corte di giustizia internazionale dell’ONU, anche se emette una sentenza, non possiede mezzi tali da poter fare rispettare ai contendenti le proprie decisioni. Lo si può vedere a proposito di eventuali sanzioni nei confronti di alcuni paesi che abbiano violato con un atto unilaterale di forza il diritto internazionale. E’ accaduto nel 1936 per esempio con l’Italia, sanzionata economicamente per la conquista dell’Etiopia con l’impedimento a importare nel nostro Paese materiale bellico e tentando di bloccare il flusso di credito estero e di materie prime.

 

I risultati, in quell’occasione, furono pressoché nulli, perché in realtà le sanzioni furono applicate senza alcuna rigidità e, pertanto, si trattò soltanto di un puro e semplice atto formale, tanto è vero che carbone e petrolio continuarono ad arrivare in Italia sia dagli Stati Uniti sia dall’Inghilterra, che, a rigor di logica, sarebbe invece dovuta essere la più rigorosa nel fare rispettare quelle sanzioni di cui si fece addirittura promotrice.

 

Allora, se le cose stanno in siffatto modo, in quali occasioni le decisioni della corte di giustizia «funzionano» veramente? Essenzialmente quando gli eventi interessano “paesi minori”, che non possiedono forza alcuna dentro l’ONU; oppure quando sono gli stessi Paesi contendenti che si rimettono alle decisioni della Corte e quindi ne accettano il verdetto, qualunque esso sia.
Ma, come si vede, in quest’ultimo caso, si tratta di un’azione del tutto “volontaria” e anche abbastanza rara a vedersi (1).

Nota

1) L. Oppenheim, “International law”, New York, Longmans and Green, 1955.

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.