Un libro “americano” di J. Fenimore Cooper

James Fenimore Cooper resta a tutt’oggi un mostro sacro della letteratura americana delle origini, per varie ragioni da lui stesso profeticamente suggerite nelle prefazioni ad un suo romanzo, The Spy, che, forse, in Italia non ha conosciuto la stessa fortuna dell’ Ultimo dei Mohicani. Ragioni storiche facilmente identificabili resero Cooper caro al pubblico americano, perché egli ne seppe non soltanto interpretare, quanto, direi, quasi forgiare la mentalità, suggerendo i principi che dovevano guidare l’ American way. In questo senso, credo siano molto indicativi  certi suoi passaggi programmatici, ove egli si mostra in perfetta sintonia con il pubblico, ne accarezza le origini di emigranti di successo, esaltandone infine il senso comune, che ne guida le azioni:

“I librai mi dicono che il pubblico apprezza e ama miei lavori, e con ciò colgo a mia volta l’occasione per dire che anch’io amo e apprezzo il mio  pubblico; e mi auguro che tale reciproca stima possa durare ancora a lungo […] E’ vero che siamo un popolo  di emigranti, provenienti da ogni  dove del mondo cristiano:  ma non siamo arrivati qui  per caso, né  qui restiamo per un puro caso;  emigrammo per migliorare le nostre condizioni di vita, e qui rimaniamo perché abbiamo avuto successo […] Il senso comune è la caratteristica peculiare del popolo americano, è il fondamento delle nostre istituzioni, che  pervade l’intera nostra società” (1) [Il testo originale in nota. Traduz. mia].

Venendo ora agli aspetti letterari, Cooper è universalmente noto per essere stato il fondatore del romanzo storico americano, facendosi altresì interprete di un’America ancora in fieri. Cooper era dotato di un’indubbia capacità inventiva, e scelse a soggetto dei suoi romanzi i primi esploratori delle enormi solitudini americane, tra sterminate foreste e imbattute praterie, come prova abbondantemente uno dei suoi romanzi più noti, L’ultimo dei Mohicani. Ma non mancava a Cooper una visione politica molto concreta del “farsi” dell’America, e delle difficoltà soggiacenti alla costruzione di una nazione. D’altra parte, Cooper fu in Europa per parecchi anni, e qui egli lavorò alla stesura di articoli di carattere politico.

Sotto questo profilo, The Spy, ambientato nel periodo più caldo della rivoluzione americana, è uno dei primi, ma  forse il più rimarchevole, e politicamente “ricercato”,  dei romanzi di James Fenimore Cooper, perché, a monte, non stava soltanto uno scrittore per natura votato a narrare fatti avventurosi, ma anche una mente che seppe cogliere gli aspetti salienti della politica che guidò gli Inglesi in America. Com’è risaputo, alla metà del XVIII secolo, le fiorenti colonie britanniche d’ America ad un certo punto s’accorsero d’avere interessi assolutamente divergenti rispetto all’Inghilterra e nel commercio e nell’ industria. Il controllo inglese del commercio americano implicava un inevitabile reindirizzo  dei  profitti verso Inghilterra. Fu lo stesso Cooper a tracciare il backgound storico del suo romanzo, allorché, nella Introduzione all’edizione del 1861,  scrisse che

 

“Le controversie  tra l’Inghilterra e gli Stati Uniti d’America, anche se, a stretto rigore di logica, non furono un litigio in famiglia, ebbero molte caratteristiche di una guerra civile vera e propria. Il popolo americano non era  costituzionalmente soggetto alla corona inglese, ma gli abitanti di entrambe le nazioni dovevano fedeltà ad un re comune.  Gli americani, come nazione, disconobbero ogni dovere di fedeltà, e gli inglesi, scegliendo per la maggioranza di sostenere il loro sovrano nel tentativo di riconfermare il suo potere sulle colonie, furono inevitabilmente coinvolti nel conflitto.  Una parte degli emigranti europei stabilitisi nelle colonie sostenne le pretese della corona; ci furono parecchi distretti la cui influenza, insieme con quella degli americani  rimasti fedeli alla corona inglese, diede una netta preponderanza alla causa della corona.

 

Il passaggio seguente denota buone capacità interpretative:

 

“L’America  era nazione  troppo giovane,  e troppo bisognosa di sostegno da parte di tutti i suoi componenti per poter guardare con nonchalance a queste sia pur minime divisioni interne. Il male  fu  notevolmente accresciuto dall’azione degli inglesi, che seppero trarre un enorme vantaggio dai dissensi interni degli americani, e diventò doppiamente grave quando ci si accorse  che tali tentativi di divisione erano alimentati per sollevare i vari corpi delle truppe provinciali, che dovevano allearsi con quelle d’altre potenze europee  per ridurre in soggezione la giovane Repubblica” (2).

 

Queste furono dunque le considerazioni introduttive di Cooper al suo The Spy, che   narra le vicende di Harvey Birch, un peddler, ossia una sorta di venditore ambulante, che, potendosi muovere agilmente sul territorio, aveva tutte le possibilità di scrutare i movimenti delle truppe. Birch era sicuramente devoto alla causa dell’indipendenza americana, ma la condizione di spia lo mise in gravi difficoltà, anche per via di certi suoi rapporti con gli ambienti americani devoti alla corona inglese. Il colpo da maestro Cooper lo sferrò alla fine, allorché i sospetti su  Birch furono fugati quando si apprese che era in diretto contatto con Washington. Inoltre, le sue indubbie qualità di uomo, sprezzante del pericolo, astuto  e capace, misero alla fine in luce la sua lealtà di patriota, cosa che lo rese uno dei personaggi più amati della narrativa americana. E non pochi lettori, affascinati dalla sua eroica figura, pressavano l’autore per chiedergli se le sue storie erano vere. Cooper rispose a modo suo, ma facendo trasparire tra le righe una qualche verità incontrovertibile:

“All’autore è stato spesso chiesto  se, nel delineare il personaggio principale di questo libro, s’era basato su fatti della vita reale. Egli non può dare nessuna risposta esauriente alla domanda, se non sottoponendo prima ai suoi lettori una semplice descrizione dei fatti connessi con la sua  pubblicazione” (3).

E qui Cooper si rifaceva alla testimonianza di un tale che aveva larga conoscenza di uomini e di cose e che, nel corso dei momenti più bui della rivoluzione americana, s’era impegnato nelle situazioni più diverse ( “who had been employed in various situations of high trust during darkest days of the American revolution”). Ci furono polemiche a non finire sul  fatto che Cooper avesse fatto di una spia una sorta di eroe, ma a quanto mi par di capire, per Cooper c’erano diversi modi si servite il proprio paese in tempi grami, e uno di questi era quello  della spia. Si può essere più o meno d’accordo, ma Cooper la pensava così.

 

Su Cooper la critica, tra Otto e Novecento,  si è sbizzarrita, ricorrendo ai più svariati explananda, scavandone le fonti letterarie (Scott), lo status sociale, gli obiettivi finanziari (le famose 8000 copie vendute in pochi mesi),  e chi più ne ha più ne metta; ma, alla fine, ciò che rimane è l’opera, un’opera “americana”, e, con The Spy, un’opera “più che americana”. Quando kay S. House asserì che le ragioni ultime del successo di Cooper risiedono nel fatto che, finalmente, qualcuno aveva scritto un vero e proprio “American book”, vale a dire: un “libro veramente americano”, creato da un vero “pathfinder”, cioè da un pioniere del  genere romanzo storico negli Stati Uniti d’America, egli aveva saputo cogliere, sinteticamente,  tutto di Cooper (4). Il resto, al di là di ulteriori contributi biografici, mi sa molto di bizantinismo.

 

 

Note

1)      J. Fenimore Cooper, The Spy, A Tale of the Neutral Ground, by the Author of Precaution, New York,  Charles Wiley, 1824, Vol. I, Preface to the Third Edition, pp. V-VIII:

“We are told by the Booksellers that the public is pleased with the tale and we take this occasion to say that we are delighted with the public. We hope that this reciprocity of good will may continue […] We are a people composed of emigrants from every of the Christian world but they did not come here by chance nor do they stay here through necessity They emigrated to improve their temporal conditions and they remain because they have been successful […] Common sense is the characteristic of the American people”.

2)      The Spy, A Tale of the Neutral Ground, by J. Fenimore Cooper, New York, W.A. Townsend & Company, 1861, Introduction,  pp. VI-VII:

“The dispute between England and the United States America though not strictly a family quarrel,  had many of the features of a civil war. The people of the latter  were never properly and constitutionally subject the people of the former,  but the inhabitants of both owed allegiance to a common king.  The Americans,  as a nation,  disavowed this allegiance, and the English choosing to support their sovereign in the attempt to regain his power,  most of the feelings of an struggle were involved in the conflict.  A proportion of the emigrants from Europe,  then established in the colonies,  took part with the crown: there were many districts in which their influence, united  to that of the Americans  who refused to lay aside their allegiance, gave a decided preponderance the royal cause.”

“America was then too young, and too much in need of every heart and hand, to regard these partial divisions, small as they were in actual amount, with indifference. The evil was greatly increased by the activity of the English in profiting by these internal dissensions,  and it became doubly serious when it was found that attempts were made to raise various corps of provincial troops, who were to be banded with those from Europe, to reduce the young republic to subjection.”

3)      “The author has often been asked if there were any foundation in real life, for the delineation of the principal character in this book. He can give no clearer answer to the question,  than by laying before his readers a simple statement of the facts connected with its original publication.”

4)      Kay S. House, “J. Fenimore Cooper: Cultural Prophet and Literary Pathfinder”, in  American Literature to 1900, Edited by M. Cunliff, Sphere Books, 1986,  p. 94.

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.