“Vovit se ire ultra mare”: il viaggio mancato del marchese Bonifacio

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Allorché Papa Urbano II bandì in Francia la Crociata nel 1095,  il mondo italiano era già molti anni prima sensibile  al problema degli infedeli che occupavano la Terrasanta. Tra i primi italiani che furono presi da codesto fervore religioso fu il marchese Bonifacio di Toscana, il quale si trovò a dover adempiere ad una ben dura “penitenza”, che gli fu imposta dall’allora Abate Guidone del Monastero di Pomposa. L’ “invito” penitenziale fu adeguatamente registrato dal Notaio  di Reggio Alberto Milioli, il quale ci ha lasciato, nel suo latino mezzo italianizzato, la testimonianza perpetua del “voto”  del marchese Bonifacio, il quale, tuttavia (e non proprio per sua colpa), non riuscì a portare a buon fine la sua “penitenza”.

 

La testimonianza del notaio Alberto Milioli:

 

“ Marchio Bonifacius accepit penitenciam ab abbate Guidone Monasterii de Pomposa et vovit se ire ultra mare ad sepuchrum Christi hinc ad unun annum, et fabricari fecit novam navim pro transitu faciendo ad Terram Sanctam. Sed votum complere non potuit, quia infra illud tempus in infirmitate positus et mortuus est sexto Kalendas Maii, in Millesimo quinquagesimo secundo. Et iacet corpus in civitate Mantue in Monasterio S. Andree”.

 

“Il Marchese Bonifacio accettò la penitenza impostagli dall’Abate Guidone del Monastero di Pomposa, e giurò di volersene andare oltremare al sepolcro di Cristo di lì ad un anno. A tale scopo, egli si fece costruire una nave nuova di zecca per poter navigare verso la Terrasanta. Però egli non poté adempiere al voto perché nel frattempo si ammalò, morendo il 26 aprile dell’anno 1052.  Le sue spoglie mortali riposano ora nel Monastero di Sant’Andrea”.

 

Questo curioso testo su uno dei primi “volontari” italiani della Crociata si può leggere nei Monumenta Germaniae Historica, dove lo stesso notaio Milioli descrive anche la personalità del marchese Bonifacio, definito

 

“ sapiens, benignus et prudens et largus et pauperum amator et misericors et omnibus amabilis et in consiliis prudens et discretus, facundus in loquela et constans animo, ecclesiarum rerum defensor et in divinis officiis libenter audiebat, et donabat eclesiis de facultatibus et rebus suis episcopis, persbyteris, clericis et cappellanis et multum dilexit monachos ” (p. 437).

 

“Sapiente, benevolo, prudente e generoso, amante e misericordioso  dei poveri, amabile verso tutti,  prudente e discreto nel consigliare, facondo nel parlare, costante nell’animo, difensore della Chiesa, che ascoltava volentieri i divini uffici, e donava largamente del suo a  vescovi, preti, chierici e cappellani, prediligendo in modo particolare i monaci”.

 

E’ significativo il fatto che il marchese Bonifacio  morì una quarantina di anni prima che Urbano II bandisse la crociata a Clermont-Ferrand (1095): il che significa che la questione della Terrasanta era da tempo  conosciuta in Italia, e almeno diversi membri della nobiltà dell’epoca erano “spiritualmente preparati” al “bellum sacrum” (la guerra santa) contro gli infedeli, anche se, come è molto probabile, essi possedevano soltanto una conoscenza confusa e molto approssimativa dei luoghi e degli eventi della Terrasanta, su cui comunque correvano da secoli storie leggendarie (F. Cognasso).

 

 

 

Fonte:

 

Alberti Milioli notarii Regini Liber de temporibus et aetatibus et Cronica imperatorum. Edidit O. Holder-Egger, in Monumenta Germaniae Historica, Inde ab anno  Christi Quingentesimo usque ad annum  Millesimum et quingentesimum. Edidit Societas Aperiendis Fontibus Rerum Germanicarum Medii Aevi. Scriptorum. Hannoverae, MDCCCCIII [1903],  Tomus XXXI,  pp. 437-438.

F. Cognasso, Storia delle crociate, Milano, Dall’Oglio, 1967, pp. 97 sgg.

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.