Ma come si chiamava Virgilio?

 

E’ abbastanza seccante avere a che fare con uno dei più grandi poeti latini e non conoscerne il nome esatto. Certo, trattasi d’una questione di minuzie, ma poiché abbiamo a che fare con Virgilio (?), la cosa ha una sua specifica rilevanza. Chi si pose il problema dei nomi di Virgilio fu Remigio Sabbadini, il quale fece una rassegna storico-linguistica accurata del problema, addivenendo infine ad una conclusione molto attendibile.

 

Il nome classico era Vergilius, con la e; poi, “nei secoli bassi”, chiosava Sabbadini, la e classica fu sostituita con una i, da cui Virgilius e l’italico Virgilio. Anche la fine del nome in –lio diede dei  problemi serii al prof. Sabbadini , perché, a quanto pare, a livello popolare sembra che Virgi-lio, fosse altresì pronunciato come Virgi-glio. La cosa sarebbe stata dovuta ad un fenomeno largamente invalso nell’ italiano, e che si riscontra, per esempio, in termini latini come Apulia, trasformatosi in Pu-glia, o Cornelia, da cui Corneglia.

 

Sempre nel volgare del XV secolo, qualcuno, anziché Virgilio, chiamava il nostro tartassato poeta anche Vergilio, rimettendo in auge la e latina. Sembra fosse una forma elegante e latineggiante, per cui Vergilio si trova, ad esempio, nel Cariteo.

 

Ma le doglie di Virgilio non finiscono qui, perché, sempre a detta del prof. Sabbadini, anche la g subì vari assalti, spesso sostituita con la c, da cui Vercilio.

 

A questo punto il prof. Sabbadini  deve essersi reso conto che i suoi lettori potevano essere andati in tilt; per cui, pietoso, così egli riassunse tutta la spinosa questione dei nomi di Ve-Vi r g(c) i lio (glio):

 

“Riepilogando: il nome del grand’epico romano traversò quattro fasi: la classica latina Vergilius; la bassa latina Virgilius; la letteraria italiana Virgilio; la volgare Vergilio e Vercilio.

 

Dante, a quanto pare, non aveva dubbi, e lo chiamò Virgilio:

“Or se’ tu quel Virgilio e quella fonte/che spande(i) di parlar sì largo fiume?”.

 

Credo sia meglio attenersi a Dante, anche se, qualche secolo fa, l’ Accademico della Crusca detto Lo Smarrito chiamava Virgilio Vergilioad libitum. Non credo neppure che imitare Lo Smarrito sia cosa da farsi, specie in un siffatto mondo,

 

ove da molt’anni s’è appunto il classico smarrito,

e ove classico ormai s’attaglia, si e no,

ad un vestito.

(Versi liberi variamente rimati, di mio conio. Ovviamente Ve-Vi r g(c) i lio (glio), meglio conosciuto come Virgilius-Virgilio ne rimarrebbe sicuramente, più che smarrito, stecchito).

 

Fonti

 

Remigio Sabbadini, “Virgilio e Vergilio”, in Rivista di filologia e d’istruzione classica, Torino, Loescher, 1899, pp. 93-94.

 

Prose fiorentine raccolte dallo Smarrito. Accademico della Crusca, Venezia, Presso Domenico Occhi, 1735.

 

 

 

 

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.