Agostino sul lettino dello psicanalista Dott. Prof. Carlo Emilio Gadda

Il “dinamismo” e la “velocità”  sembrano essere un fenomeno esplosivo ed in espansione  della nostra tanto bistrattata “civiltà” dei consumi,  dinamicamente portata all’ “usa e getta” a velocità supersonica.  Il fenomeno del “dinamismo” ebbe i suoi incunaboli  in tempi ormai da noi molto lontani, con  una sorta di “  proto-modello” che  ci è stato proposto surrettiziamente  dalla nostra letteratura contemporanea ormai “classica”. Mi riferisco in modo particolare a un romanzo “sketch” (quindi “rapido”) di Alberto Moravia: Agostino.

 

Il romanzo è  oggi molto gettonato per svariate ragioni “interdisciplinari”, dando esso l’opportunità agli insegnanti più scaltri e avvertiti di svariare su temi e problemi di carattere giovanile che vanno dalla notoria “scoperta della sessualità” a intriganti quanto scontati riferimenti a Freud, al complesso edipico e via discorrendo.

 

Analizzando sia pur in modo cursorio le “Introduzioni” al romanzo di Moravia, ci si accorgerà che, più o meno, i dati su cui la critica si sofferma con insistenza sono quelli sopra accennati, e in genere non si va molto oltre. C’è però modo e modo di leggere il “romanzetto” di Alberto Moravia, e, a mio avviso, una delle più “sapienti” fu la lettura “ironica” che di esso ne diede quell’ impareggiabile protagonista  della letteratura italiana contemporanea che fu  Carlo Emilio Gadda (1). Anzitutto.  Egli definisce Agostino un “romanzetto”, e già da questo epiteto s’intravvede che Gadda ci sta per dare una delle sue interpretazioni più gustosamente piacevoli e divertenti. Egli intanto inizia con una boutade che ci fa pregustare il seguito:

 

“Che cos’è il romanzetto? E’ l’incontro d’un ragazzo tredicenne di famiglia civile, Agostino, coi fatti e coi problemi del sesso. Figlio unico di madre vedova (e piacente) Agostino subisce la scoperta del sesso”.

 

Agostino dunque, ragazzino d’estrazione sociale borghese (civile), con madre vedova e belloccia anzichenò, non è che si “attivi” per una scoperta “consapevole” del sesso, ma, come si direbbe in grammatica, egli potrebbe rientrare nella categoria dei verbi “passivi”, in quanto non agisce il sesso, ma lo subisce: “un caso fra gli infiniti casi possibili”, commenta ironico Gadda.

 

Indi, nel breve volger d’un sol giorno (l’unità di tempo d’aristotelica memoria attagliantesi precipuamente al genere greco Tragedia è rispettata), il giovanetto appare in un primo tempo “maschilmente fiero e geloso della giovine madre”; poi attraversa altrettanto rapidamente la “specie edipica” (“nella umiliazione repentina procuratagli dallo schiaffo materno”, fino al trauma degli sberleffi dissacratori dei “ragazzacci” ben diversi dalla sua condizione “civile”, e alla loro frequentazione in uno spirito di “rivalità-solidarietà” e di “emulazione simpatia”. Soffermandosi da par suo sulla situazione edipica patita da Agostino, Gadda osserva che

 

“la specie edipica si modula in due variazioni: Agostino è puerilmente geloso della madre, odia il di  lei corteggiatore (e probabile ganzo): Agostino [poi] viene a coscientemente ammirare la madre in quanto donna, e modella sulla di lei persona la concreta forma dei propri desideri maschili”. A ciò concorre in maniera dirompente la “compagnia perversa”  dei “ragazzacci”,  suoi occasionali quanto imprevisti “esperti” di sessuologia applicata , ossia  “l’esempio eccitatore della spudorata, irrompente pubertà dei compagni. (Gesti e parole nel canneto: brutalità esibitiva del Tortima)”.

 

L’iniziazione al sesso di Agostino è traumaticamente troppo “velox” e “dinamica”, tanto da provocare nel povero ragazzino tredicenne di estrazione civile desideri irrealizzabili ipso facto, ma compulsivamente talmente violenti da condurlo ad angosce per absentia:

 

“ In quel pomeriggio Agostino scopre le angosce della sessualità, e vorrebbe ottenere d’un subito la toga virile”.

 

Agostino mostra pertanto una modernissima “dinamicità” a voler “chiudere”, lui tredicenne, i conti con il sesso. Peccato che noi sappiamo che, presso gli antichi Romani, molto più ponderati e tutt’altro che “iper-dinamici” con l’educazione dei giovani,  la “toga virile” era un “onore” che s’otteneva dopo “esercizio” che richiedeva un po’ di tempo. Cosicché, nelle Antichità Romane di tale inglese Alessandro Adam leggiamo che “ordinariamente i giovani Romani lasciavano  la toga pretesta all’età di diecisette [sic, diciassette] anni per prendere la toga virile (toga virilis)” (2).

 

Ergo, il “dinamico” Agostino avrebbe dovuto attendere ancora tre-quattro anni prima di indossare la toga virile, e in quanto appartenente al ceto civile, legato quanto gli antichi Romani alla tradizione che voleva i figli “lontani” da esperienze sessuali prima d’una certa età. Diverso è il caso dei “ragazzacci”, i quali, poiché “popolani” e figli di pescatori, erano meno aderenti a certi modelli civili, e perciò dinamicamente proiettati verso determinate esperienze in tempi dinamicamente più precoci. Infatti, il Dott. Prof. Gadda ci illumina al proposito, sottolineando come

“la seconda ‘specie affettiva’ del romanzo è, come detto la rivalità-sodalità. La emulazione-associazione che si determina in Agostino al confronto con i compagni di spiaggia, figli di pescatori e di popolani, i quali sono da lui ricercati piuttosto che subìti o sfuggiti, in una luminare e un po’ torbida ma necessaria simpatia. Poiché siamo in età narcissica, oltreché puberale, e il ragazzo è avido di modelli ( che io chiamo modelli narcissici) su cui conformare la propria nascente maschilità. Il modello, come ogni modello spontaneamente scelto,  è dapprima desiderato (quasi concupito), poi emulato”, poiché, questi “ragazzacci” “si confrontavano a vicenda, vantando la loro virilità e la loro prestanza”. Agostino pertanto, rampollo di famiglia civile, molto “velociter” e con dinamicità veramente lodevole  per la nostra società dei consumi, devota a tutto ciò che è “dinamico” e “veloce” , si rifà rapidamente, perché soddisfacenti l’ego e qualcosa d’altro,  ai modelli popolareschi:

 

“ Agostino trova dunque i suoi campioni nella monellesca masnada dei ragazzotti e ragazzi che costituisce, sulla spiaggia di Viareggio, una specie di associazione primitiva e brutalmente acerba ed esclusivamente maschile. Egli cerca il suo modello dove solo può cercarlo, sembra dirci il moralista-contemplatore Moravia, e cioè nel ruvido magazzino dei maschi birbi, dei bulli”.

 

Premesso che l’ultima espressione di Gadda sui “bulli” non vuol affatto essere l’apologia del contemporaneo bullismo, a questo punto mi chiedo, e lo chiedo anche ai lettori, se sia più avvincente il romanzetto di Moravia o la recensione al “romanzetto” del Dott. Prof. Carlo Emilio Gadda, nonché la mia modesta recensione d’una recensione.

 

Note

 

  • E. Gadda,”Agostino di Alberto Moravia”, in I viaggi, la morte, Milano, Garzanti, 1958, pp. 227-229.
  • Antichità romane, Opera dell’inglese Alessandro Adam, Napoli, Libreria e Tipografia Simoniana, Strada Quercia n. 17, 1840, p. 148.

 

 

 

 

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.