Una filosofia esistenzialista per Giovanni Pascoli?

Nell’epoca “classica” della nostra critica novecentesca, ossia quando Berta filava e Benedetto Croce dominava la scena storico-filosofico-letteraria del Bel Paese, nessuno si sarebbe mai sognato di  porre  il problema se, dietro la poesia pascoliana,  si potesse intravvedere o supporre “anche” un Pascoli filosofo. Anzi, Croce s’era bravamente sbarazzato di Pascoli, subodorando nella di lui lirica la presenza “nefasta” del Decadentismo, che, guarda caso, sarebbe poi servito per “dimostrare”, come vedremo,  che Pascoli era un filosofo con tutti i crismi del caso. Le cose cominciarono a cambiare tra gli anni Ottanta e Novanta del secolo passato, allorché Pier Luigi Cerisola osservò:

 

“A me sembra infatti che il Pascoli sia anche produttore in proprio di un  pensiero e che alla storia del filosofare fra i due secoli egli abbia recato qualche suo contributo originale” ( P.L. Cerisola, Filosofia pascoliana).

 

In forza di una tale impegnativa asserzione, il critico si mise sulle tracce della filosofia pascoliana, avviandosi dunque ad  “un’ermeneutica più severa dei testi poetici pascoliani”, partendo dal suo “simbolismo”, e sforzandosi di superarne altresì il “basso profilo” cui l’aveva condannato la critica, che l’aveva ridotto, a detta di P. L. Cerisola,  ad un’esperienza del tutto personale, per un “consumo affatto privato”.

 

Pertanto, dopo un’analisi serrata di alcune liriche della più famosa raccolta di Pascoli, Myricae, da Scalpitio a Il Capannello, P. L. Cerisola  arriva ad una conclusione:

 

“Da quanto sono venuto via via dicendo, sono affiorati abbastanza chiaramente […]  i tratti inconfondibili di un indirizzo filosofico ancora oggi vivo e vitale: dico, ovviamente, l’esistenzialismo” (P.L. Cerisola, Filosofia pascoliana, p. 598);  perché l’esistenzialismo, come acclarato da Norberto Bobbio, “è un po’ la filosofia del Decadentismo, e sul decadentismo del Pascoli oggi tutti concordano”. Si tratterebbe, semmai, continuava P. L. Cerisola, di stabilire a che tipo di esistenzialismo Pascoli potrebbe appartenere: se all’esistenzialismo negativo, positivo o religioso.

 

Siccome però è difficile, se non impossibile, pretendere sistematicità dal Pascoli poeta-filosofo, P. L. Cerisola conclude asserendo che “l’esistenzialismo espresso dal Pascoli è l’esistenzialismo pascoliano”.

 

Negli studi successivi, P. L. Cerisola  si è anche rifatto a Contini, il quale aveva scritto che si potrebbe effettivamente parlare di un esistenzialismo pascoliano:

 

“Oggi semmai, scriveva Contini, sappiamo che le sue [di Pascoli] affinità naturali sarebbero state con una forma di esistenzialismo, non certo per il trito e vago romanticismo del mondo come ‘nulla’ e ‘mistero’, ma per l’elaborazione del limite della morte come cardine di ogni sistema di riflessione” ( in P. L. Cerisola, Giovanni Pascoli: tra estetica ed ermeneutica). Inoltre, per il critico, sarebbe facile riscontrare in Giovanni Pascoli elementi di filosofia esistenzialista:

“Ed ecco allora che senza bisogno di fare ricorso ad un ipotetico uomo-Pascoli esistenzialista ante litteram, per affermare il buon diritto che la sua poesia ha di essere gratificata dell’onorevole qualifica di “esistenzialistica”, possiamo senz’altro ispezionare direttamente i testi, cercando quanto in essi su trovi  di idee, concezioni, scenari, situazioni,  personaggi, atmosfere, che presentano affinità con le più note proposizioni della filosofia esistenzialistica. La qual cosa, oltretutto, fin da subito non parrebbe richiedere doti ermeneutiche straordinarie, tanto i segnali inequivoci sembrano indirizzarci e quasi costringerci verso quella direzione” (P. L. Cerisola, Giovanni Pascoli: tra estetica ed ermeneutica, p. 52).

 

In linea di massima, la critica sul Pascoli filosofo s’è mostrata non del tutto omogenea. M. Manotta, per esempio, ha parlato d’una “sorta di pre-esistenzialismo pascoliano, dove però, “l’essere per la morte non ha i contorni gnoseologici e tragici  dello stupore leopardiano o dell’Angst espressionista […] La personale mitologia del nido-camposanto vuol essere la volontaristica risposta al terrore del nulla, ad un penoso senso di sradicamento che s’intravede qua e là nella sua poesia” (M. Manotta, La lirica e le idee …).  Così, per M. Pazzaglia, la poesia di Pascoli adombrerebbe, più che altro,  un’ “esperienza pre-esistenzialistica”, in cui il poeta “riprende il tema romantico di amore e morte” (M. Pazzaglia, Pascoli).

 

L’impressione che si ricava da una sia pur rapida ricognizione degli studi contemporanei riguardo al tema sul tappeto  è che si tenda a vedere in Pascoli, più che una filosofia, una “tensione”, per temi e motivi, verso certi aspetti dell’esistenzialismo (il “nulla”). Nel migliore dei casi si è parlato di un Pascoli “pre-esistenzialista”, senza spingersi molto oltre. Il che è un po’ quanto asseriva anche lo stesso Contini, il quale, se non sbaglio, parlò di “affinità naturali”, ossia, che lo si voglia o meno, di tensioni  “private”,  di Pascoli,  verso l’esistenzialismo.

 

Infine, fu lo stesso Pascoli ad asserire nel Fanciullino che la poesia è un’attività autonoma: “il poeta è poeta, non oratore o predicatore, non filosofo, non istorico” (G. Pascoli, Poesie e prose scelte) . E P. R. Horne  chiosava : “These last few quotations might easily be mistaken for excerpts from Croce’s Breviario di estetica” ( “Queste brevi note potrebbero facilmente essere scambiate con estratti dal Breviario di Estetica di Benedetto Croce”, il quale, dal canto suo, come sappiamo non voleva sentir parlare di “filosofia” in poesia) [Pascoli, Selected Poems].

 

In buona sostanza fu Pascoli a “bandire”, tra le altre cose, la filosofia dal regno dei fini della poesia. Se dovessimo giurare in verba magistri, è pertanto evidente che sul Pascoli “filosofo esistenzialista”, tout-court,  la questione resta tuttora aperta.

 

Note

P. L. Cerisola, “Filosofia pascoliana”, in Studium, luglio-agosto 1990, n. 4, p. 592.

 

P. L. Cerisola, Giovanni Pascoli: tra estetica ed ermeneutica, Firenze, La Nuova Italia, 2000, p. 57. Il testo citato è in Contini, Letteratura dell’Italia Unita, Firenze, Sansoni, 1968, p. 253.

 

M. Manotta, La lirica e le idee: percorsi critici da Baudelaire a Zanzotto, Aracne, 2004, p. 119-120.

 

M. Pazzaglia, Pascoli, Salerno, 2002, p. 241.

 

G. Pascoli, Poesie e prose scelte, a cura di C. Garboli, Milano, Mondadori, 2002, Vol. II, p. 960.

 

Pascoli, Selected Poems, Edited and Introduced by P. R. Horne, Manchester University Press, 1983,  pp. 11-12.

 

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.