La “resurrezione” di Guido Cavalcanti

Più volte m’è intervenuto d’ usar “dominus” per indicare Guido Cavalcanti; anche se Ettore Brambilla, allo scadere del XIX secolo (1899), a proposito del titolo onorifico di Cavalcanti, scrisse:

“Approfitto della citazione di questi documenti per far notare il titolo di dominus premesso al nome di Cavalcante, e riparare a un errore sfuggitomi nel finto dialogo de’ pellegrini. Io feci che costoro dessero il titolo di messere non solo a Cavalcante, ma anche a Guido,  per distinguerlo da Guido Orlandi. Ma fu una mia sbadataggine e non l’unica. Quel titolo spettava soltanto a chi fosse o cavaliere o giudice o costituito in dignità ecclesiastica; e Cavalcante nobile cavaliere, com’è chiamato da Dino, lo ebbe; ma Guido non pare che l’abbia avuto mai. È vero che in un consiglio del Comune del 1290 (Arch. Stat. Fior., Consulte, II a c. 2) appare un dominus Guido de Cavalcantibus, e che nell’Obituario di santa Reparata a c. 27,  è registrata Tessa filiola di mesere Guido di Cavalcanti; ma sarà il nostro Guido?” [Corsivi miei] (1).

Ora, è accaduto in tempi recenti che la rettifica del Brambilla sia stata reiterata da Francesco Velardi, il quale afferma:

“Il  Guido Cavalcanti padre di Tessa filiola  di Meser [sic] Guido di (Calcante) Cavalcanti di c. 27r, forse Guido Scimmia ( padre, come risulta dal Registro, di una Naia filia di Guiduccio Scimia di Cavalcanti); dovrebbe escludersi, comunque, il ‘nostro’ Guido, che mai ebbe il  titolo di Dominus che spettava soltanto a chi fosse o cavaliere o giudice o costituito in dignità ecclesiastica” [corsivi e sottolineature miei] (2). Dunque, non sapremmo un bel niente di niente circa la data di morte di Guido Cavalcanti, poiché dalle due citazioni si evince che il corpo sepolto in Santa Reparata non sarebbe di Guido Cavalcanti, perché il suddetto corpo apparterrebbe  a  (forse) Guido Scimia (che effettivamente si fregiò del titolo di Dominus),  oppure ai  “suoi genitori”, in particolare  al “D.nus Gianni Schicchi de Cavalcantibus di Inf. XXX, 32).

Per intanto, le conclusioni di Brambilla-Velardi sembrano, oggi, accolte dalla critica:

“Secondo la cronologia tradizionale, ricostruita da Isidoro Del Lungo, Cavalcanti sarebbe morto il 29 agosto del 1300, poco dopo la revoca del bando (19 agosto 1300),  ma gli studi di Velardi hanno dimostrato che tale ricostruzione è infondata e dunque restano ignoti la data e il luogo della morte. Stando all’antica testimonianza di Leonardo Bruni, la soppressione dell’esilio in favore dei Bianchi sarebbe stata decisa proprio in seguito alla morte di Guido, causata da febbri malariche contratte a Sarzana, dove era stato poco tempo prima confinato (Vita di Dante)” (3).

Quanto alla questione del Dominus, il Velardi  rinvia a Michele Barbi, il quale, in effetti,  negli  Studi Danteschi, osservava:

“ Nei documenti e nelle memorie del tempo trovo Guido sempre senza il titolo di dominus e di messere” (4). Sappiamo oggi  “per certo” che persino Giacomo da Pistoia “non” gratificò l’ “amico carissimo” del titolo di “dominus”, dandolo solo al padre Cavalcante:

“Viro bene nato et a natura dilecto et prae aliis amico carissimo Guidoni domini Cavalcantis de Cavalcantibus de Florentia” (5). Se un contemporaneo, tra l’altro “amico carissimo” di Guido Cavalcanti, e Magister delle Artes di Bologna non lo gratificò del “dominus”, parrebbe il caso di star ben fermi a quanto i contemporanei ci attestano; e cioè che Guido fu  sempre citato come “Guido di messer Cavalcante” (6). Anche se sembrerebbe improbabile che una personalità (che  aveva “anche” un corpo) come quella di Guido Cavalcanti fosse “scomparsa” così, dissolvendosi tra le nebbie del tempo, “oltre” il Trecento a una data indefinita, senza lasciar la benché minima traccia di sé nella memoria di chicchessia,  i dubbi amletici suscitati prima dal Brambilla e poi da Velardi potrebbero avere una qualche consistenza. Per farla breve, Brambilla-Velardi potrebbero avere ragione: Cavalcanti parrebbe per davvero essere scomparso dagli orizzonti della storia fiorentina agli albori del Trecento. Ora, non si saprebbe  proprio né dove fosse finito il corpo di Guido , né alcunché di certo sulla sua data di morte; ma forse un qualcosa   si potrebbe ancora dire.

Guido Cavalcanti “proprietario di case”

 

Osservando un po’ più da vicino non tanto il poeta quanto il più prosastico  Guido Cavalcanti, l’ “affarista”, il businessman, noteremo che, bene o male, il nostro maggior loico di Florentia sapeva curare con una certa continuità i propri “affari”. Santorre Debenedetti si soffermò a suo tempo sul Cavalcanti  proprietario di case,  con notazioni che potrebbero risultare molto interessanti ai fini di dare sostanza alla sfuggente data di morte di Guido Cavalcanti.

“Nel cit. cod. Ricasoliano (a c. 260), scriveva Debenedetti,  sono registrati i pagamenti che Cione Pilastri fa ai suoi padroni di casa : Guido, Cantino di Poltrone, Giachino e Guglielmino fratelli, figli di Bamboccio, e Arrigo di Schiatta, tutti Cavalcanti. Non riferirò che la sezione dedicata al gentilissimo amico di Dante”.

Indi Debenedetti citava un personaggio che intrattenne rapporti d’affari con Guido,  Filippo di Ghidone Dell’Antella, il quale era solito tenere appunti molto precisi sugli affari di (sua) famiglia.

II Dell’Antella adunque scriveva:

‘Ancora comperai da m. Lambertuccio Frescobaldi, da m. Uberto di m. Ruggieri Rosso et da Guido Chavalchanti, il chasolare del chanto da la Piazza delli Uberti, il quale fue di m. Farinata; et fuoro due compere: l’una  da m. Lambertuccio e fecie la carta ser Lapo Cinghietti, l’altra da m. Uberto et da Guido et fecie la carta ser Istefano” (7).

Debenedetti “registrò” dunque alcuni rapporti d’affari intrattenuti da Guido Cavalcanti con Filippo di Ghidone Dell’Antella, ma senza trarne particolari inferenze; mentre,  invece, sarebbe il caso di focalizzarsi con maggiore attenzione sull’intera questione.

La domanda che, allora, sgorga spontanea nella strozza è :

Quando il Dell’Antella aveva stipulato la sua “compera”? Esiste, cioè,  un terminus a quo di tale compravendita?”.

Non resta che andare a controllare in corpore vili; cioè, andare a verificare quel che scrisse il Dell’Antella a tal  proposito nelle sue “Ricordanze”, datosi che  egli era precisissimo nelle date delle sue “compere”.  Debenedetti citò largamente le Ricordanze del Dell’Antella, ma abbiamo voluto verificare lo stesso ciò che  il cronista di se stesso scriveva:

“Da Guido Compagni comperai nel MDDXXXXVI [1296], del mese … [lacuna] tre chase poste da la piazza nel popolo Santo Romolo, per prezzo lire DCCC piccoli […] Una poi, presso del mese d’Agosto anno CCCI [1301], chome appare imbreviata per Ser Guido di Ser Cortenuova da Ceperello. La detta chasa, kon l’altre due insieme, rimase a me Guido Filippo; sì che tutte e tre sono mie proprie” (8).

Indi il Dell’Antella continua, ma, senza indicare altre date di acquisizioni di “chase”, per cui si deve supporre che l’ ultima data di riferimento utile sia quella “presso del mese d’Agosto anno CCCI [1301]”, senza indicazione del giorno. Cioè, tanto per essere chiari:  l’autore delle Ricordanze scritte da esso , non indica una data “nuova” per l’acquisto del “chasolare” da Guido Cavalcanti et alii, ma prosegue il suo discorso con un “ancora”:

Ancora (=di nuovo) comperai da Messer Lambertuccio Frescobaldi, da Messer Uberto di Messer Ruggieri Rosso, et da Guido Chavalchanti, il chasolare del chanto da la Piazza delli Uberti, il quale fue di m. Farinata ; et fuoro due compere : l’una  da m. Lambertuccio e fecie la carta ser Lapo Cinghietti, l’altra da m. Uberto et da Guido et fecie la carta ser Istefano” (9).

Dalle date esplicitate dal Dell’Antella, risulta  che “presso del” mese d’Agosto del MCCCI [1301] (cioè verso la fine di luglio del 1301)  egli aveva comprato una casa: acquisto  registrato dal notaio Ser Guido di Ser Cortenuova da Ceperello;  e poi, ancora: cioè,  nello stesso periodo luglio-agosto dello stesso anno 1301 , di aver acquistato “il chasolare del chanto da la Piazza delli Uberti”  da  messer Lambertuccio Frescobaldi e da Uberto et da Guido (Chavalchanti).

La cosa interessante di tutta codesta compravendita è la seguente: se abbiamo ben interpretato il passo del Dell’Antella, “anche” l’acquisto del “chasolare” da Guido Cavalcanti dipende dalla data enunciata in precedenza, cioè , quando il Dell’Antella aveva comprato una “chasa”  “presso del mese d’Agosto anno CCCI”, “nel” 1301, senza precisarne il giorno. Sappiamo altresì da fonte fededegna che il Dell’Antella datava secondo lo stile fiorentino , che ritardava le date di 2 mesi e 24 giorni (o 25) (10).

Ne dovremmo concludere che il suddetto contratto era stato stilato  nel luglio-agosto del 1301: mese e anno valevoli  per tutte e due gli stili, fiorentino e moderno, poiché lo stile fiorentino “va d’accordo coll’anno comune dal 25 marzo al 31 dicembre” come dice Cesare Paoli. Per farla la più breve e chiara possibile, è indubitabile, come scriveva il Grion, che

“il giorno susseguente 25 marzo cominciava anche pe’ fiorentini il 1301” (11).

Ora, se Guido Cavalcanti avesse davvero stipulato ( e non vi sono ragioni per dubitarne) con Guido di Filippo di Ghidone Dell’Antella  un contratto di compravendita in un giorno imprecisato, ma  “ presso del mese di Agosto” del 1301 stile fiorentino  ma sempre “nel” 1301 anche per lo stile moderno, ci si chiede:

“Come avrebbe potuto mai fare il nostro ex dominus a defungere nell’agosto 1300,  stile fiorentino e stile comune, ai dì 28 o 29  come si dice da tradizione canonica , “se” tra il luglio e l’agosto del 1301 (stile fiorentino e stile comune) lo troviamo a  vender un “chasolare” a Guido di Filippo di Ghidone Dell’Antella?”.

Se l’interpretazione del “ricordo” dell’Antella è corretta, ne dovremmo inferire che le conclusioni del Brambilla e di Velardi hanno colpito il bersaglio; e in forza di ciò assisteremmo alla totale eclisse del “corpus” di Guido Cavalcanti. La testimonianza  del tutto non sospetta del Dell’Antella ci rinvia a un luglio-agosto 1301 (anno che vale per ambedue gli “stili”) che “spiazza” la granitica data del 1300 (stile fiorentino e comune) vidimata in sempiterno pei posteri da Isidoro del Lungo (12).

La conclusione mi pare abbastanza ovvia: con buona pace del Del Lungo, il Dell’Antella  ci  testimonia  che,  all’altezza del luglio-agosto del 1301, Guido Cavalcanti s’era intrattenuto in rapporti d’affari con il Dell’Antella istesso.

Certo che, ancora, non conosceremmo l’effettiva data di morte di Guido Cavalcanti, che tuttavia si potrebbe porre approssimativamente fra la fine di luglio e l’agosto del 1301   (anno valevole sia per lo stile fiorentino sia per lo stile moderno). Ora, come si sa, le date canoniche sulla morte di Guido oscillano ancor oggi tra il 1300, secondo quanto asserito dal Del Lungo, e il 1301, come attesta la Vita di Dante di Leonardo Bruni:

“Ei, scriveva il Foscolo, narra che Guido morì nell’anno 1301 in esilio, poco dopo che Dante, nella sua magistratura, operò che  per la quiete della città fossero confinati i capi de’ Guelfi e de’ Ghibellini; e fra questi ultimi era Guido” (13).

E’ altrettanto evidente che  la data riportata (agosto MCCC stile fiorentino e stile moderno) dal Del Lungo e tratta dall’Obituario di Santa Reparata è inequivocabilmente “equivoca”. A questo punto:  o ha ragione il Velardi, quando dice che in Santa Reparata l’Obituario si riferisce allo “Scimia” oppure  al “D.nus Gianni Schicchi de Cavalcantibus)”; oppure in Santa Reparata vi sono effettivamente le spoglie mortali di Guido Cavalcanti: ma allora si dovrebbe supporre  che qualche “I” sia caduta per abrasione per via dello scorrere inclemente del tempo (o per altre ragioni minuziosamente analizzate dal Velardi);  per cui, anziché  MCCC, si “dovrebbe” leggere  MCCC[I] (1301).

Quanto, infine,  alla presenza del titolo onorifico di Dominus dell’Obituario di Santa Reparata, forse qualcuno della famiglia dei Cavalcanti potrebbe aver pensato che il  Dominus spettasse, dopo la morte del di lui padre Cavalcante,  per diritto ereditario a Guido Cavalcanti: almeno in morte.

In fondo, e finisco, né il Brambilla né il Velardi mostrano certezza assoluta:  mentre  il  Brambilla “conclude”  con una domanda (“ma sarà il nostro Guido?”),  il Velardi argomenta la sua conclusione con un condizionale e un “comunque”:

Dovrebbe escludersi, comunque, il ‘nostro’ Guido”, dice.

 

Note

 

1)      Ettore Brambilla, “Il diverso pellegrinaggio a San Iacopo di Guido Cavalcanti e di Dante Alighieri”, in Rivista Abruzzese di Scienze lettere ed Arti, luglio-agosto 1899, Fasc. VII-VIII, p. 342 nota 2.

2)      Francesco Velardi, “I due Cavalcanti e il diverso giubileo di Dante”, in Sotto il velame, 2007, p. 19.   “Pare”, scrive il Velardi,  che in Santa Reparata avessero trovato “l’ultimo riposo i suoi genitori ( il D.nus Gianni Schicchi de Cavalcantibus di Inf. XXX, 32, punito proprio per avere contraffatto la voce e la persona di Buoso Donati, segnato alla c. 57 alla data del 4 dicembre”.

3)      https://www.mirabileweb.it/author-rom/guido-cavalcanti-sec-xiii-seconda-metà.

4)      Michele Barbi, Studi Danteschi, Firenze Sansoni, 1920, Vol. I, p. 102 nota 2.

5)      Cfr. Irene Zavattero, “Iacobi de Pistorio Quaestio de Felicitate”, in La ‘Quaestio de Felicitate’ di Giacomo da Pistoia, in La felicità nel Medioevo, Atti del Convegno della Società Italiana per lo studio del pensiero medievale, Milano, 12-13 settembre 1993, a cura di Maria Bettetini e Francesco D. Paparella, Louvain-La-Neuve, 2005, p. 373.

6)      Sulla questione del titolo di “dominus”, cfr. Gaetano Salvemini, La dignità cavalleresca nel Comune di Firenze e altri scritti, Milano, Feltrinelli, 1972, pp. 53-54: “Dell’ idea giuridica, per cui la persona del nobile avea un valore maggiore di quello dei popolani, non sono rimasti se non incerti ricordi: il titolo dominus e in volgare messere […] Dall’esame dei documenti, pubblicati dal Santini, ho potuto determinare che questo titolo comincia a comparire verso il principio del secolo XIII prima nel Potestà, poi nei Giudici e Cavalieri del Potestà, e nei Giudici delle Curie. Solo verso il 1235 appare qualche giudice non investito di ufficio pubblico, e qualche nome di nobile col titolo dominus; procedendo nel tempo i domini spesseggiano, finché verso il 1245 l’uso del titolo è costante ad indicare le dignità di cavaliere e giudice.  Come si vede, quindi,  l’introduzione del titolo coincide col sempre maggiore affermarsi della potenza della nobiltà, specie colla prevalenza ghibellina dal 1238 al 1250”. Cfr. inoltre, sullo stesso tema Daniela De Rosa, Alle origini della Repubblica fiorentina: dai consoli al “primo popolo (1172-1260), Arnaud, 1995, p. 62: “Come il titolo di dominus (in volgare ‘messere’) che contraddistingue, oltre ai grandi signori laici ed ecclesiastici ed i giudici, anche i cavalieri ‘addobbati’, cominci a comparire nella documentazione fiorentina verso l’inizio del XIII secolo, prima soprattutto nel caso del Podestà , e come solo verso il 1235 inizi ad essere premesso al ‘nome di qualche nobile’ , finché verso il 1245 l’uso di tale titolo diventa costante per indicare appunto la dignità del cavaliere di corredo”.

7)      Santorre Debenedetti, “Lambertuccio Frescobaldi, poeta e banchiere fiorentino del XIII secolo”, in Miscellanea di studi critici pubblicati in onore di Guido Mazzoni, Firenze, Tipografia Galileiana, 1907, Vol. I, p. 30  nota 6 e p. 31.

8)      “Ricordanze di Guido di Filippo di Ghidone Dell’Antella e de’ suoi figliuoli e Discendenti”, a cura di Filippo Luigi Polidori, in Archivio Storico Italiano, Firenze, Pietro Viesseux, 1843, Tomo IV, pp. 3-24:  p. 11.

9)      Ivi, p. 12.

10)    Cfr. Raul Mordenti, « Les livres de famille en Italie », in  Annales. Histoire, Sciences Sociales. 59e Année, No. 4, (Jul. – Aug., 2004), pp. 785-804 : p. 787 : « “Dans les Ricordanze de Guido di Filippo dell’Antella , le caractère familial de l’écriture est désormais tout à fait évident. En premier lieu ,  l’écrivant commence son livre en 1299 ( avant le 25 mars 1298 en ‘style florentin’ ) mais il transcrit aussi des annotations concernant des faits antérieurs […] par exemple des événements remontant à la date de sa propre naissance ». Cfr. Inoltre Cesare Paoli, Diplomatica, aggiornata da G. C. Basgapè, Firenze, Le Lettere, 1987, p. 195: “Il fiorentino inizia l’anno in ritardo di 2 mesi e 25 giorni, cioè va d’accordo coll’anno comune dal 25 marzo al 31 dicembre, e segna una unità di meno dal 1° gennaio al 24 marzo”. Dello stesso Cesare Paoli, cfr. Programma scolastico di paleografia latina e di diplomatica, Diplomatica, Firenze, Sansoni, 1898, Vol. III, p. 172 : “Rispetto al computo moderno, il fiorentino comincia l’anno in ritardo di 2 mesi e 25 giorni, cioè va d’accordo coll’ anno comune dal 26 marzo al 31 dicembre, e segna una unità di meno dal 1° gennaio al 24 marzo. Il pisano invece va innanzi al computo nostro di 9 mesi e 7 giorni, accordandosi con questo solamente dal 1° gennaio al 24 marzo (quando il fiorentino ne differisce di una unità in meno) e contando un’unità di più nel resto dell’annata”. Lo stile fiorentino, chiosava  il “classico” Cappelli, andava “posticipando sul computo odierno di due mesi e 24 giorni” (Cfr. A. Cappelli, Cronologia, cronografia e calendario perpetuo, Milano, Hoepli, 1978, p. 9).

11)    Giusto Grion, “Che l’anno della visione di Dante è il MCCCI …”, Estratto da ‘Della dimora di Dante in Padova …’, Udine, Tip. Francesco Foenis, 1865, p. 11.

12)    Isidoro  Del Lungo (Dino Compagni e la  sua Cronica, per Isidoro Del Lungo, Firenze, Le Monnier, 1879,  p. 98 nota 26) scrisse: “La data della morte di Guido Cavalcanti, controversa tra gli eruditi […] e ignota sin qui è il 27 o 28 di agosto del 1300: ‘IIII kal sept mccc quiescit Guido dm. Cavalcantis de Cavalcantibus’ leggesi a c. 41 dell’Obituario di S. Reparata, nell’Archivio dell’Opera del Duomo. La data dell’Obituario, 29 agosto, è quella della sepoltura nel cimiterio della Canonica fiorentina”

13)    Ugo Foscolo, “Sulla lingua italiana”, in Opere edite e postume di Ugo Foscolo, Firenze, Le Monnier, 1850, Vol. IV, p. 176.

 

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.