Tedeschi, “Banchieri” e Maccheronee

Si dice che all’estero si viaggia per stereotipi, cosicché gli italiani, per esempio, fra i tedeschi, e altrove,  sono vulgiter nomati mangia-spaghetti o macaroni; noi, per converso,  chiamiamo crucchi essiloro i tedeschi, ovvero mangia-crauti. Questo vale per l’età contemporanea. In passato i tedeschi avevano altra famosa nomea da noi, ossia di beoni inveterati, e di ciò abbiamo ampia contezza in diverse fonti letterarie del Cinquecento macaronico e del Seicento italiano.

 

Una di  queste, che credo sia abbastanza famosa, anche se forse non proprio famosissima, proviene  da una novella in cui si racconta d’un facoltoso tedesco,  dotato d’un “buon marsupio”, ch’era smanioso d’un tour in Italia, avendo egli saputo che da noi si producono “vini squisitissimi”.  L’opera è d’ autore bolognese secentesco nonché frate, versatile continuatore del Bertoldo di Giulio Cesare Croce,  che si firmava Camillo Scaliggeri (o Scaligeri) della Fratta, ma il cui vero nome era Adriano Banchieri (1).

 

Giunto che fu in Italia, il “cittadino assai ricco di Brunscich [=Brunswick]” inviò il suo servitore (“che volentieri obbedì”) a esplorare “terre, ville, borghi e città”, nonché tutte le osterie  ove si mescesse vino assai buono. L’ottimo servitore fu altresì incaricato d’esporre un “pitaffio”, ossia un cartello o iscrizione fuori delle osterie con su scritto Est, ma soltanto nel caso in cui il vino fosse risultato, dopo attenta analisi,  particolarmente buono. Il servitor fido ne trovò parecchie  d’osterie rispondenti alle padronali bisogna; e sulla porta di esse scrisse appunto Est. Ma giunto nei pressi d’un “castello fertilissimo”,  egli trovò un vino talmente eccezionale da meritare  Est per ben tre volte: Est, Est, Est.

Il patronus, allora, galoppando lesto  lungo i sentieri indicatigli dal fido servitore, giunse infine al castello dei tre Est. Quivi il  todisco fermossi e tracannò tanto di quel vino che, dapprima gli procurò una sorta di delirium tremens, e dipoi lo condusse alla tomba. Il costernato e fido servitore, tornato in patria e richiesto delle ragioni per le quali il di lui patronus fosse sì repentinamente mancato agli affetti, rispose accorato:

Meus patronus plus non est,

quia propter est est est,

Trincher vaine mortuus est.

 

Traducendo un po’ alla brava, ma nello spirito della “lettera”:

 

Il mio padrone più non è,

per via del troppo  è è è,

trincando a più non posso, alla fine morto è.

 

Indi lo Scaliggero, ritenendo far opera pia rendendo edotto il lettore sui danni dell’alcool, concludeva con un siffatto “Discorso”:

 

“Sì che concludesi con Madonna Nicolosa, che il a ber vino soverchio genera nelli corpi humani disordini infiniti, Gotta, Podagra, Chiragra, catarri, e distillazioni di capo, infiammazioni di fegato, corruzione di sangue, Ernie acquose, e carnose, dolori petrali,  ed altre indisposizioni, è quanto è giovevole ber poco vino e quello inaffiato [sic] stando quel detto Catonico [di Catone] Vino te tempera ( Sii moderato col vino]”

 

I todeschi,  gran bevitori, ma incuranti d’ogni buon consiglio,   trovarono, prima ancora del Banchieri, un altro  illustre e degno  interprete del loro “spirito” nazionale: il grande Teofilo Folengo, nomato Merlino Coccaio, il quale, nel suo elegante,  insuperabile nonché superbo latino macaronico trattò li todeschi in siffatta maniera:

 

Mentre d’estate

Arsus comportat villanus apena camisisam

Il riarso contadino sopporta appena la camicia

Caneva Todeschis semper aperta manet

L’osteria (la caneva)  è sempre open,  aperta ai tedeschi (2).

 

E ancora, mentre

 

Mustolenta replet graspis fameia tinazzos

La famigliola riempie i tini sporchi e unti di mosto,

Todeschique canunt: Ehu, ohe, trincher io!

I todeschi innalzano al cielo (come gli antichi) un inno Bacchico (Io Bacche!):

I tedeschi cantano: Ehu, ohe, io trinco! (3).

 

E credo fermamente che il nostro sempre arguto Merlino Coccaio abbia colto sin nel profondo lo “spirito vinario” degli antichi todeschi, simile assai a quello dei moderni tedeschi, che, in quanto a trincare, non sono non soltanto immeriti de’ loro bisavoli, ma  neppure secondi a nessuno in quest’Europa oggi ancora unita e domani chissà! Staremo a vedere come andrà la vendemmia a casa nostra, e come  la cosa sarà giudicata e interpretata (in Borsa?) dai nostri amici todeschi o tedeschi che dir vogliansi.

 

Note

 

1)      “La novella del tedesco ubriacato”, in Trastulli della villa distinti in sette giornate, del Sig. Camillo Scaliggeri della Fratta, l’Academico VarioTerza Giornata, In Venetia, Presso Gio. Antonio Giuliani, 1527,  pp. 145-148.

2)      “Merlinus ad Baldum. De Aestate”, in Macaronicorum Poema. Baldus, Zanitonella, Moschaea, Epigrammata, Venetiis, Apud Petrum Bosellum, MDLV [1555], p. 244,  vv. 9-10.

3)      Ivi, Merlimus ad Baldum. De Autumno, cit.,  p. 245, vv. 9-10.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.