“Amico” ed “amicizia”, secondo Pietro Galesini

Amicus Plato

Pietro Galesini non lo conosce pressoché nessuno (scriveva nel XVIII secolo, il “secolo dei lumi”); ma penso sia stato uno fra i pochissimi a dedicare al termine “amico” una profluvie di scienza linguistica “applicata” ad un termine che oggi è assolutamente inflazionato, e di cui si fa assoluto spreco. Per fare un po’ d’erudizione spiccia, ricorderemo che il termine “amico” ha le sue radici etimologiche nel latino “amicus”, a sua volta derivante dal verbo “amo” (amare). La cosa è indubbiamente intuitiva, ma l’ “amico” Pietro Galesini declinò il nome in tutte le sue possibili sfumature, offrendocene anche la versione latina, e regalandoci, alla fine della giostra, un quadro estremamente esaustivo di quell’ “amicizia” di cui tanto si parla oggi sui Network, a partire da Facebook.

Ordunque, Pietro Galesini ci spiega come e qualmente la lingua (latina ed italiana) si profonda in sottili distinzioni sul termine “amico”. Penso di fare cosa gradita a tutti i “followers” di questo termine riportando pedissequamente le sottili elucubrazioni linguistiche del dotto Pietro Galesini.

Egli sottolineava intanto che “amico” (Lat. “amicus”) si contrappone fieramente al suo contrario, detto latinamente “inimicus” (nemico), “alienus” (colui che è lontano da noi), e “invidus” (pieno d’invidia).

Gli “amici uniti”, formavano, in latino, una “conspirationes consentientes”, quasi una “congiura” fra quanti si trovano d’accordo tra essi.

Gli “amici fedeli” erano detti “amici fidi”, contrapposti agli “amici infidi” (contro cui è bene guardarsi); mentre gli amici “strettissimi” erano detti, in latino, come in italiano, “amici intimi”.

I latini, un po’ più analitici di noi, di fronte agli “amici traditori”, avevano una sequenza alquanto nutrita d’espressioni: “amici insidiosi”, “amici fallaces” (amici falsi e bugiardi), e “amici perfidi”.

I “vecchi amici” erano gli “amici veteres”, mentre quelli “nuovi” erano detti “amici novi”.

Un “amico stretto ” era “consuetudine implicatus”, “familiaritate implicatus”, ovvero “devinctus”, ossia particolarmente “devoto”. L’amico “stretto” era altresì detto “familiaris”, ma anche, sulla scorta del solito Cicerone, “necessarius”, e, addirittura, in certi casi, “pernecessarius” ( super-necessario).
Concludiamo con qualche osservazione di Pietro Galesini sull’ “amicizia”, che può essere (purtroppo) un’ “amicizia senza alcun frutto” ( che praticamente non porta a niente), detta “amicitia gratuita”; l’ “amicizia finta” era una “simulata amicitia”, mentre un’ “amicizia coperta” era una “amicitia insidiosa” (piena d’insidie e pericoli”.

Bene. Specialmente dopo le ultime indicazioni di Galesini, verrebbe spontaneo dire come quel tale: “Amici, io non ho amici!” Buona fortuna a tutti.

 

Nel ringraziare il dottissimo Pietro Galesini per cotanta scienza infusa e profusa su noi tutti, si rimanda alla fonte di cotanto senno: Pietro Galesini, “Il perfetto dizionario. Ovvero Tesoro della lingua volgar-latina, raccolto da Monsignor Pietro Galesini, Protonotario Appostolico <sic>, in Lucca, MDCCXXXIX [1739], Per Salvatore e Giandomenico Marescandoli. Con licenza de’ Superiori. Voce “amico-amicus”, p. 33.

 

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.