Alcuni “Capitoli” immorali di Nicolò Machiavelli

machiavelli

 

Machiavelli, si sa, ogni tanto si prendeva una qualche vacanza dagli studi di maggior impegno intellettuale come Il principe e i Discorsi, per dedicarsi a materia più leggera ma non meno importante, che denotava comunque un’ approfondita conoscenza del genere umano. Di qui dunque capolavori come La Mandragola o Belfagor arcidiavolo.

 

Tra gli scritti ritenuti minori di Machiavelli, e anche oggi scarsamente noti soprattutto perché si trovano dispersi in opere erudite di difficile reperibilità da parte del pubblico, ci metterei anche i Capitoli per una compagnia di piacere, che tra l’altro furono conosciuti tardi, perché rimasti sepolti e pressoché sconosciuti nelle biblioteche private.

 

E’ questo il caso dei Capitoli, che furono scoperti fortunosamente nella biblioteca Strozzi di Firenze.  Si sapeva che quella ricca biblioteca privata doveva possedere qualcosa di Machiavelli, ma l’allora “Prefetto della medesima, sig. Domenico Maria Manni” si era sempre rifiutato di concedere agli studiosi l’accesso alla sua biblioteca, stracolma  di  preziosi manoscritti.

 

Fosse che il Prefetto della Strozziana non sapesse distinguere la scrittura di Machiavelli, fosse per qualche altro motivo a noi ignoto, resta il fatto che i Capitoli rimasero incogniti fino a quando la Biblioteca Strozzi fu messa in vendita e comprata dal Granduca Pietro Leopoldo, il quale fece dono di alcuni preziosi manoscritti strozziani alla Magliabechiana di Firenze. Così avvenne che il Codice Strozziano 366,  che conteneva parecchie opere di Machiavelli, tra cui anche i Capitoli,  fu variamente pubblicato nelle edizioni ottocentesche, e nel Novecento da Luigi Blasucci. Il testo dei Capitoli è un puro passatempo, scritto probabilmente per carnevale. Machiavelli vi profuse molto umorismo, per cui vale la pena leggerne qualche passo:

 

Dopo aver detto che nessun uomo sotto i trent’anni poteva far parte della compagnia, mentre le donne potevano avere qualsiasi età, i Capitoli recitavano alcune regole carnevalesche, dove tutto va un po’ alla rovescia, anche in fatto di pratiche religiose.

 

“Che niuno uomo minore di trenta anni possa essere di detta compagnia e le donne possano essere di ogni età.”

 

La prescrizione tutto sommato pare abbastanza larga e “democratica”.

 

“Debbasi sempre dire male l’uno dell’altro; e dei forestieri che vi capitassino (capitassero) dire tutti i peccati loro e fargli intendere publicamente (darli in pasto al pubblico) sanza (senza) rispetto alcuno.”

 

Qui si incita  alla maldicenza, e la cosa, in sé, è  parecchio sconveniente. E tale dovette interpretarla anche il Prefetto della Strozziana.

 

“Non si possa alcuno di detta compagnia o uomo o donna confessare in altri tempi che per la settimana Santa”.

 

Ahi, qui vien fuori quel miscredente di Machiavelli, che invece di dire che a messa bisogna andarci tutte le domeniche, salta tutto l’anno tranne la settimana Santa. La cosa dovette risultare davvero poco convincente  al Prefetto della Strozziana.

 

“Non si debba né possa tenere mai in detta compagnia silenzio, ma quanto più si cicalerà, e più insieme,  tanto più commendazione si meriti; e quello che sia primo a restare di ciarlare debba essere tanto stivato (schivato) da tutti gli altri della compagnia che renda il conto perché si è racchetato”.

 

Qui si va contro la buona educazione, che dice di non interrompere uno mentre sta parlando. La massima è comunque passata alla grande in Italia, e la moda di interrompere sempre l’interlocutore mentre parla è ormai un “topos” nei dibattiti politici televisivi.

 

“Sia obbligato ciascuno ad avere invidia al bene dell’altro e per questo farli tutti quei dispetti che potrà e alcuno e non lo facendo sia punito a beneplacito”.

 

Qui si incita all’invidia e ad essere dispettosi verso gli altri. Altra massima poco gradita tra i benpensanti.

 

“Colui o colei che farà più parole e meno conclusione sia più onoralo e tenutone più conto”.

 

Qui si incita a parlare tanto per parlare senza concludere mai un bel niente. La massima machiavelliana è ormai sacra in politica.

 

“Qualunque udendo messa non guarderà spesso intorno o si porrà in luogo da non essere veduto,  sia punito pro peccato di Lesae Maiestatis”.

 

Qui si incita alla “distrazione di massa” nel corso della messa. La cosa non deve essere piaciuta per nulla al Prefetto della Strozziana.

 

“Che ciascuno sia obbligato in forma camerae a grattarsi quando gli pizzica”.

 

La cosa è disdicevole, e altamente sconsigliata dal Galateo.

 

“Che si debba eleggere un medico per la compagnia che non passi anni ventiquattro, acciocché possa (sopportare) e’ disagi e regga alla fatica”.

 

Questa raccomandazione sembra abbastanza sensata, e forse il dotto Prefetto della Strozziana l’avrebbe anche lasciata passare. Però, è molto probabile che le carnevalate di machiavelli non fossero piaciute per nulla al Prefetto della Strozziana,  che,  per ragioni, diciamo così, di decenza, negò sempre strenuamente che nella “sua” biblioteca potessero aver mai trovato posto opere di quel miscredente scomunicato di Machiavelli.

 

 

 

Fonti:

 

“Capitoli per una compagnia di piacere”, in Opere minori di Niccolò Machiavelli, a cura di F.L. Polidori, Firenze, Le Monnier, 1852,  pp. 407-411. Ediz. Moderna,  N. Machiavelli, Opere letterarie, a cura di L. Blasucci, Milano, Adelphi, 1964.

N. Machiavelli, Capitoli per una compagnia di piacere, Manoscritto autografo, Codice Magliabechiano 1451, Firenze, Biblioteca Nazionale, Fondo Strozzi 366.

Opere complete di Niccolò Machiavelli, Firenze, 1843, p. VI: “Il prefetto della medesima, sig. Domenico Maria Manni, uomo d’altronde intelligente ed erudito, o per non conoscere il carattere dell’autore o per qualunque altro motivo, non seppe o non volle somministrare cosa alcuna negando costantemente che ve ne esistesse”.

 

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.