Furore, le Anonime e furori moderni

Furori

Visti i tempi che stiamo vivendo oggi in Italia, dove, a ogni pié sospinto, si parla di crisi economica e di banche, credo che una rilettura di “Furore”, di J. Steinbeck, non sia tempo buttato (1); anzi, mi sa che i lettori possano trovare materia per interessanti riflessioni e utili raccordi con l’attualità. Il romanzo di Steinbeck si muove sullo sfondo della grande crisi del ’29, quando migliaia di piccoli contadini e braccianti americani abbandonarono il “Midwest” per la California, dopo aver letteralmente, in moltissimi casi, svenduto la propria terra per l’impossibilità di onorare i propri impegni con le banche.

Ma entriamo subito nei dettagli. J. Steinbeck pubblicò nel 1939 un romanzo, “The Grapes of Wrath” ( “I grappoli dell’ira”), noto poi in Italia con il titolo di “Furore”, dove i Joad, una famiglia contadina che si è indebitata fino al collo con la banca, abbandonano per forza di cose la loro fattoria nell’Oklahoma e si lanciano, con altre migliaia di disperati, lungo le vie della California. Davvero molto interessanti i passaggi di Steinbeck sul modo di pensare dei Joad e dei loro compagni circa la banca, che è vista come un’entità astratta e sovrumana; infatti i contadini, tra l’incredulo e lo stupito, osservavano che “la banca non è un essere umano”, dato che, alla fine, li spogliava impietosamente di tutti i loro averi, costringendoli all’emigrazione. “ […] Per avere la terra – esclamava uno di essi – mio nonno s’è battuto con gli indiani, mio padre s’è battuto coi serpenti, e noialtri ci toccherà di batterci contro le anonime, che son peggio degli indiani e dei serpenti […]”.

I “rappresentanti” delle banche cercavano in tutti i modi di tenerli buoni, anche perché, dicevano, la banca, “l’Anonima” non aveva colpa veruna per quanto stava loro accadendo:

“[ …] E’ doloroso – dicevano i rappresentanti, – ma l’Anonima non è responsabile di questa situazione. Voialtri vi trovaste su terreni che non vi appartengono […] Perché non andate in California? Lì hanno bisogno di braccianti, il clima è ottimo, non fa mai freddo, basta allungare un braccio per cogliere un’arancia, c’è ogni sorta di lavoro: perché non andate in California? […]”.

In realtà “l’Anonima”, anzi, “le Anonime”, ovvero le banche americane, erano, checché ne dicessero i loro interessati “rappresentanti”, le vere responsabili del marasma in cui era caduta l’America del ’29. Negli Stati Uniti il denaro non mancava di certo e le banche concedevano con una facilità estrema prestiti ai loro clienti. Tali prestiti erano impiegati in speculazioni finanziarie e nell’acquisto di azioni, il cui valore accresciuto era solo fittizio. Quando tutto crollò a Wall Street vi fu un’inversione di tendenza a 360 gradi: le banche che non erano fallite chiusero ermeticamente i rubinetti, chiesero draconianamente il pagamento delle rate dei prestiti a tutti e i finanziamenti alla imprese cessarono pressoché del tutto; di qui le chiusure, i licenziamenti e la grande crisi che investì tutti i settori della vita produttiva degli stati Uniti.

E poi si dice che è “difficile” trovare riscontri con la crisi attuale! Invece le cose si sono ripetute quasi letteralmente ai nostri giorni. Il che significa che ci dobbiamo confrontare con tre cosette interessanti. La prima è che gli americani, come noi, hanno la memoria “corta” (parecchio corta); la seconda è relativa al fatto che le tecniche per far soldi, “mutatis mutandis”, sono sempre ed eternamente uguali a se stesse. E, infine, la terza è che le conseguenze sono sempre, ed eternamente, le stesse. Un sacco di gente ci rimette tutto restando, come si dice in un gergo forse poco raffinato ma estremamente efficace, “in braghe di tela”, e in preda a parossistici “furori”, mentre le banche fanno “eternamente” la stessa cosa: chiudono i rubinetti del credito e chi s’è visto s’è visto.

Ma torniamo a Steinbeck.

Il romanzo è indubbiamente emblematico di una certa temperie storica, e quella di Steinbeck è una testimonianza unica ed efficacissima non solo della grande crisi del ’29, ma anche delle conseguenze di essa sulle campagne americane. Steinbeck è stato, con questo romanzo, un testimone attentissimo del suo tempo; un po’ prima, due-tre anni prima, egli aveva infatti pubblicato “In Dubious Battle” [“La battaglia”], in cui si focalizzava sugli scioperi agricoli in America.

Concludo con un’ultima osservazione sul comportamento di molti intellettuali americani di quegli anni, tra cui Steinbeck stesso, i quali fecero proprio l’ammonimento di Dos Passos, che li invitava ad abbandonare ogni forma di indifferenza e a schierarsi senza indugi dalla parte di chi soffriva in prima persona gli effetti della crisi, i disoccupati e i più poveri. Il che, a ben vedere, non era poi così semplice a farsi, dato che, in quegli anni, schierarsi con certe fasce sociali era estremamente rischioso, e la possibilità di essere tacciato di “rosso”, con tutte le conseguenze del caso (leggi maccartismo), era altissima. “Vedere rosso” un po’ da tutte le parti era cosa normale negli anni della grande crisi, e ciò si evince anche da certi passaggi di “Furore”.

Va bene, i contadini se ne andarono in massa in California, seguendo i suggerimenti dell’ “Anonima”. Ma come furono accolti? Di fronte a quell’ondata di profughi, molti californiani cominciarono a temere gravi conseguenze per se stessi e le loro proprietà, e si armarono in via cautelativa di ben oliati fucili. Persino gli impiegati cominciavano a preoccuparsi di quell’esodo: “ […] L’impiegatuccio pensa: io guadagno quindici dollari a settimana; mettiamo che un maledetto immigrato si accontenti di dodici, cosa succede? […]”. Inoltre, si vociferava sommessamente qua e là che tutti, o quasi, gli immigrati fossero dei sovversivi “rossi”.

“ […] ‘Sti maledetti rossi sono la rovina del paese […]”.

Concludo, e adesso veramente: e i Joad? Che fine hanno fatto i Joad? Niente. Hanno continuato, anche nella “Terra Promessa”, a fare lo stesso lavoro di prima, in Oklahoma: i raccoglitori di cotone. Con una differenza sostanziale: mentre a casa loro erano affittuari, nella California “Felix” si erano ridotti a semplici braccianti.

Un bel salto di qualità, non v’è dubbio!

Nota

1) John Steinbeck, “Furore”, Milano, Bompiani, 1987.

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.