Donald Trump continua a ripetere che l’America sarà “great again”. Ciò che a molti è parso soltanto uno slogan elettorale, potrebbe invece concretizzarsi in una nuova realtà. E’ vero che oggi gli Stati Uniti non giocano più un ruolo assoluto sullo scenario internazionale, com’era accaduto dal dopoguerra in poi, fino alla scomparsa della Russia sovietica e all’interpretazione dell’America come “poliziotto del mondo”; così come’ è vero che oggi viviamo in un mondo “liquido”, dove le grandi superpotenze di ieri sembrano molto ridimensionate dall’avvento sulla scena mondiale di attori come la Cina e l’India.
In questo mondo “liquido” non sembrano più esserci punti fermi assoluti, perché tutto è in ebollizione, né sembra esserci all’orizzonte nulla di certo. Tuttavia l’esperienza insegna che ciò che è “liquido” presto o tardi diventerà “solido”, e che, alla fine (diciamo nei prossimi 20-30 anni), la situazione politica internazionale avrà contorni molto più definiti rispetto alla “liquidità” attuale. Il primo debole abbozzo della futura “solidificazione” politica mondiale è dato dalla rinnovata presenza della Russia sullo scacchiere internazionale. Il Presidente Putin ha effettivamente dato l’avvio a un nuovo scenario, dove la Russia si trova al centro di nuove alleanze che un giorno potrebbero costituire una potenza che inevitabilmente si contrapporrà a quella americana, e che avrà il suo punto di forza (e di scontro) proprio in Eurasia.
Secondo Alain de Benoist, gli americani sono perfettamente consci dello sviluppo di questo particolare scenario, perché, a suo avviso, “gli americani possono avere molti difetti, ma se c’è una cosa che non possiamo loro negare è la consapevolezza della posta in gioco”. Già dai primi anni ’40 gli americani apprezzarono la visione geopolitica di Nicholas Spykman, il quale avvertì che “gli Stati Uniti debbono riconoscere una volta per tutte che le concentrazioni di potere in Europa e in Asia saranno per essi una fonte di perenne preoccupazione in tempo di guerra come in tempo di pace”. In questo senso, altri attenti osservatori di politica internazionale hanno rilevato l’influenza di Spykman sulla politica degli Stati Uniti nel secondo dopoguerra. Adam Garfinkle, per esempio, ha rimarcato che le opinioni di Spykman erano universalmente note e ampiamente apprezzate negli Stati Uniti.
Il controllo dell’Eurasia significherebbe, prima di tutto, l’adozione di una strategia d’accerchiamento della Russia e della Cina. Tale strategia prevedrebbe l’installazione di nuove basi militari in Europa orientale, l’istituzione di sistemi missilistici di difesa in Polonia, nella Repubblica Ceca e in Romania, e il sostegno all’Ucraina e alla Georgia per una loro adesione alla NATO, con l’obiettivo di stornarle dell’influenza della Russia. In termini di approvvigionamento energetico, tale strategia condurrebbe, inoltre, al controllo dei grandi gasdotti dell’Asia Centrale.
Nel nuovo mondo “solidificato” gli Stati Uniti saranno dunque “great again” grazie al controllo dell’Eurasia, trasformata in un nuovo e potente protettorato americano.
Fonti
Questo articolo si basa su fonti molto autorevoli. In particolare, menzionerei anzitutto il bel lavoro di Francis S. Sempa, “The Geopolitical Realism of Nicholas Spykman, Introduction to Nicholas Spykman, America’s Strategy” in World Politics: The United States and the Balance of Power, Transaction Publishers, 2008, p. XXVIII, XXXII, e nota 69.
Per la definizione di “mondo liquido”, V. Zygmunt Bauman, 44 Letters From the Liquid Modern World, Polity Press, 2011, p. 1: “The world I call liquid because, like all liquids, it cannot stand still and keeps its shape for long.”
Alain de Benoist, The End of the Present World: The Post-American Century and Beyond Conference. Trascrizione di un discorso tenuto nel centro di Londra, Regno Unito, il 12 ottobre 2013.