Moravia e i due ignoranti di Manzoni

Acido corrosivo

Scioltezza, vivacità di linguaggio e spregiudicatezza nei giudizi sono caratteristiche peculiari di Alberto Moravia, narratore e saggista. Osservatore spesso ironico ed “indifferente” di mondi borghesi ambigui e deteriori, dominati da ambizione e assatanati di godimento, Moravia mantenne lo stesso stile, spesso feroce e senza veli, anche nella critica letteraria, in cui si cimentò con non minore successo che nella narrativa. A fare le spese delle sue analisi critiche fu anche Manzoni; anzi, più che Manzoni, i due “umili” più famosi della letteratura, Renzo e Lucia.

“Chi sono Renzo e Lucia? Sono due popolani, due operai. La loro vita è semplicissima sia perché sono poveri sia perché vivono in un paesino di campagna di poche case, una frazione diremmo oggi. Dunque, primo ideale: la vita povera, rustica, semplice, quasi sul filo dell’indigenza e dell’elementarità. La vita, cioè, priva di incombenze pubbliche, di responsabilità civili, di ambizioni politiche, di grattacapi finanziari, di pasticci cittadini di qualsiasi genere. La vita ridotta all’osso: il lavoro, la famiglia”.

Se la vita dei due “umili” è ridotta all’osso, non meno semplice ed istintiva è la loro religiosità, legata alla “parrocchia”:

“Ma nel paesino, nella frazione in cui vivono Renzo e Lucia c’è anche una chiesa: Renzo e Lucia sono religiosi. Dunque, oltre alla vita semplice, povera, rustica, anche l’ideale di una religione che è l’espressione diretta di questa vita. E’ stato detto fin troppo che la religione del Manzoni aveva un fondo giansenista; forse lo aveva nella vita, ma ne I Promessi Sposi non si nota. Infatti: la religione di Renzo e Lucia, che è poi quella del colto, aristocratico e intellettuale Manzoni, è una religione il più lontano possibile dalla cultura, molto più legata alla parrocchia che alla biblioteca”.

La religiosità campagnola di Renzo e Lucia in qualche modo “disturba” l’intellettuale Moravia, che non ama, se non apertamente disprezza la “semplicità” di certi modi di vivere. E qui, giù una bordata impietosa contro questi due poveracci:

“E’ la religione di due ignoranti che non sanno né leggere né scrivere; la religione, come è stato detto, degli umili; noi aggiungiamo: di due umili come Renzo e Lucia. Una religione del cuore non della testa, del sentimento piuttosto che della ragione. Una religione, del resto, molto moderna; la sola, infatti, che ancor oggi sia sentita e praticata con sincerità e abbandono dalle masse cattoliche di tutto il mondo”.

A Moravia non va giù il fatto che soltanto la religione dei poveri ignoranti sia considerata da Manzoni come l’unica e vera religione. E gli intellettuali? Non professano anch’essi d’essere religiosi?

“Del resto, per rendersi conto di che cosa sia questa religione de I Promessi Sposi, basterà paragonarla, sempre tenendoci ai risultati estetici, a quella dell’Alighieri. Nella Divina Commedia la religione penetra dappertutto e non è imposta in nessun luogo. Cultura, politica, morale, società, costume, sono indistinguibili dalla religione. Invece ne ‘Promessi Sposi’, parrebbe che la religione sia patrimonio quasi esclusivo degli umili cioè degli incolti; ogni volta che il Manzoni descrive le classi dirigenti ossia colte, la religione scompare, si direbbe che non ci sia mai stata. E’ insomma, questa religione di Renzo e di Lucia ossia del Manzoni, una religione che ha rotto da molto tempo i rapporti con la cultura. Così riesce facile al Manzoni svalutare con la sua ironia corrosiva la politica (Guerra dei Trent’anni, Don Consalvo da Cordoba, Ambrogio Spinola), la cultura (caricatura di Don Ferrante), e in genere la storia”.

Insomma, Moravia non riesce a digerire che soltanto questi “umili” abbiano ottenuto la patente di “religiosi”, mentre le classi colte ne sembrano escluse.

E chi saranno mai questi “umili”? Ma guardateli: “due ignoranti che non sanno né leggere né scrivere”. Manzoni avrà anche svalutato “con la sua ironia corrosiva” la politica e la cultura, ma è certo che, quanto ad “acidi corrosivi”, Moravia era il vero maestro, e Manzoni soltanto l’ “umile” discepolo.
Fonti:

A. Moravia, L’uomo come fine e altri saggi, Milano, Bompiani, 1964, pp. 335-336.

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.