“Occhi chiusi e botte da orbi”: la politica economica in Italia

Tempo di elezioni significa tempi di promesse.

 

Non credo che il pragmatismo sia peculiare degli italiani; penso piuttosto che esso sia più un’innata prerogativa degli inglesi, i quali, in tempi assai lontani da quello attuale, dovettero confrontarsi con i problemi del Welfare, con la finanza pubblica, e le incognite concrete che essa pone a quanti si mettono in lizza per governare.

 

Sabino Cassese, in un tempo che potremmo oggi già definire “antico”, si pose nell’ottica di spiegare urbi et orbi dove stessero le difficoltà insite nella spesa pubblica, in inglese public expenditure. Nel tentativo di dare una ragione sufficiente del fattaccio, Cassese “interrogò”, se così vogliamo dire, alcuni politici italiani e inglesi (con qualche incursione anche nell’ ortus conclusus dei filosofi)  sul tema in questione. Tanto per cominciare, citò le parole di Pietro Nenni, il quale, malinconicamente, stava assistendo dalle finestre di Palazzo Chigi  (siamo nel 1966) ad una manifestazione di protesta dei mutilati. Nenni osservò:

 

“ Il guaio è che non chiedono niente di assurdo, ma non sono i soli a chiedere, non sono i soli ad avere ragione, e tutti insieme pongono problemi che lo Stato non è in grado di risolvere” .

 

Lo Stato, commentava  Cassese, “ dunque, oggi, è assediato. Ed è assediato  sia da chi si aspettava un beneficio, sia da chi si rivolta contro il gabelliere che va a raccogliere le imposte necessarie a finanziare quel beneficio”.

 

Quindi Cassese passava in rapida rassegna tutti gli “attori” che avevano qualcosa da chiedere al bilancio dello Stato e alla spesa pubblica.  Di fronte all’inevitabile domanda: “Che fare?”; e forse disperando di poter fornire una qualsiasi “medicina” a tanta pubblica bisogna, Cassese ripiegò un po’ sugli “esempi” stranieri, riportando altresì qua e là qualche motto famoso d’illustri uomini politici ed economisti.

 

Inizierò con quanto disse un ignoto “osservatore” sul problema spesa pubblica-Tesoro nel periodo del secondo governo Wilson in Inghilterra, dove il “divorzio” era parso totale:

 

“The divorce between the collective decision-making process on public expenditure and the Treasury’s budget process remained total.”

 

Traduzione:

 

“Il divorzio tra il processo decisionale collettivo sulla spesa pubblica e il meccanismo di bilancio del Tesoro è rimasto totale.”

 

Sembrerebbe che il “controllo” della spesa pubblica sia l’unica soluzione razionale:

 

“There is nothing progressive or democratic about poor financial control, wasteful use of resources or inflationary financing.” (Leo Pliatzky).

 

Traduzione:

 

“Non c’è nulla di progressivo o di democratico nello scarso controllo finanziario: sperpero di risorse o disavanzo finanziario”.

 

Qualcuno, nel Regno Unito, aveva anche proposto un sia pur lieve aumento dell’affitto delle case popolari controllate dallo Stato; ma un non ben identificato “Chief secretary to the Treasury” inglese ne uscì con  una freddura tutta inglese:

 

“Talk of increasing housing rent, and it was as if you were planning to snatch children from their mothers or put them to work down a mine.”

Traduzione:

“Parlare di crescere l’affitto delle case  era come se avessi l’intenzione di strappare i bambini alle loro madri, o di metterli a lavorare in una miniera”.

 

Benissimo. Ma è  ovvio che ogni politico o parte politica tirerà fuori dal famoso cappello  le proprie “magie” circa il controllo della spesa pubblica. A questo punto uno sarebbe anche molto curioso di sapere, oltre le possibili incarnazioni di tali promesse, anche le altrettanto possibili “conseguenze” che avranno tali “incarnazioni”. Di fronte a tanto e sì imponente quesito, Cassese s’è votato alla Divina Provvidenza, nonché alle parole di Joseph Butler, il quale saggiamente sentenziò:

“Things and actions are what they are; and their consequences will be what they will be. Why, then, should we desire to be deceive?”.

Traduzione:

“Le cose e le azioni sono quello che sono; e le loro conseguenze saranno quel che  saranno. Perché, allora,  dovremmo tanto desiderare di essere fregati?”.

 

Che è come dire: “Staremo a vedere”. Però,  pragmaticamente, potremmo noi affermare che, a livello di “prassi”, siamo sempre stati fregati?

 

Credo e penso che chi sia abituato al “folklore” politico italiano ritenga  la sentenza né ardua,  né da tramandare alla posterità per la sua explanatio. In tal senso, suonano sempre attuali le parole di Giorgio Mortara riguardo qualsiasi decisione politica in Italia:

 

“ Occhi chiusi e botte da orbi: così necessariamente si riassume nell’attuazione, se non nella concezione, il programma di politica economica di un qualsiasi governo italiano”.

 

Buon anno a noi tutti.

 

 

Nota

 

  1. Cassese, “Espansione e controllo della spesa pubblica”, in Il Mulino, maggio-giugno 1983, n. 3, pp. 371-389. Le “sentenze” citate sono a p. 372, p. 385, p. 388, e p. 386.

Pubblicato da Enzo Sardellaro

Ho insegnato per molti anni letteratura e storia, e scrivo articoli e saggi relativi a questi settori.